December 16, 2015 at 07:09PM

Oggi è stata data notizia di due esordi di narrativa presso il Saggiatore, nel corso del 2016. Si tratta del romanzo di Andrea Morstabilini e del testo immaginale e visionario di Marco Magurno. Per motivi di spazio, immagino, non è stato possibile includere il terzo esordio assoluto che il Saggiatore pubblica l’anno a venire nella sua narrativa italiana. E’ un oggetto letterario a firma di Enrico Sibilla, il cui titolo è a mio avviso strepitoso: “Il libro dei bambini soli”. E’ una narrazione che avviene per episodi, apparentemente non correlati, in realtà essendolo, grazie a risonanze e immagini che tornano, attraverso un principio di unità romanzesca e poetica, che è l’epifania di bambini lasciati soli oppure esclusi oppure isolati oppure esclusi. Questo formidabile campionario organizzato di narrazioni singole compone dunque una coralità che, in se stessa, è a mio parere abissale: canta l’abisso. Questi bambini che abbiamo conosciuto, poiché noi stessi siamo stato questi medesimi bambini, festeggiano il compleanno o vengono dimenticati o posano per polaroid nei Settanta italiani o osservano i santini o sono costretti a una messa o giocano solitari o mangiano le polpette – fanno qualunque cosa, all’insegna della crudeltà naturale della vita e del mondo, del male naturale e dell’infelicità terrena che chiunque di noi ha sfiorato in certe domeniche predigitali e che solo pochi eletti hanno sperimentato sui seggiolini per auto. Le basette dei padri furono il correlativo oggettivo di leucemie strazianti per interi cicli di film italiani in un tempo oramai seppiato ma ancora a colori (l’immagine qui sotto è tratta da “Cuore di mamma”, un film di Salvatore Samperi del 1969). Così l’incertezza di uno sguardo e il sorriso finto e fatale della più tenera delle fanciulle è il contrappeso di una letizia in cui sprofonda l’infanzia, la pubertà orrenda e infine l’intero peso della grazia, questo antidoto accecante alle tenebre che l’animale uomo sa fumigare nell’aere del suo regno incontrastato sul pianeta che abita e devasta. Questo ingaggio dostoevskijano è al tempo stesso compartecipe della grazia che enuncia: la scrittura di Enrico Sibilla manifesta l’avvento di una lingua stilisticamente conturbante, perturbante, la levità pascoliana che coincide con l’incrinarsi del ghiaccio sotto il piede. Si tratta, a mia detta, di una delle narrazioni più impressionanti di questi ultimi anni. Va detto che gli esordi saggiatoriani del 2016, a mia detta, sono davvero impressionanti tutti, poiché la narrazione iperletteraria e misterica di Andrea Morstabilini, lo dico francamente, io non l’ho vista mai in Italia, se non decenni addietro, quando lessi “Dissipatio HG” di Morselli; e il libro a immagini e testi e fulminazioni verbali e concettuali di Marco Magurno, “Diorama”, è davvero un unicum, non lo si è visto mai qui in Italia, e del resto non lo si poteva proprio vedere prima di questi anni digitali, che esprimono la perennità in una fine continuata, estenuata e frenetica, trasvolante e luminosa, letale come certo gas esilarante.
Ancora due parole su Enrico Sibilla. Io l’ho conosciuto esattamente “qui”, su Facebook. Sono rimasto incantato dagli spostamenti a cui il suo sguardo mi spingeva, quando leggevo le sue osservazioni, i suoi ragionamenti, le sue micronarrazioni, i suoi umorismi che sono metricamente perfetti, ritmicamente esaltanti: tendeva alla poesia questa sua prosa che scova la luce negli angoli più bui e mette in moto neuroni e ventricoli. Sono diventato amico di Enrico Sibilla a partire dalla stima che ho imparato a nutrire nei confronti di un’intelligenza cardiaca, di una visione viscerale, di una bontà sapiente, che è l’unica conoscenza capace di permettere l’ingresso nell’inferno umano. Questa inesausta lezione di amore, che si declina non soltanto letterariamente, ma anche politicamente e conoscitivamente, è risultata per me un regalo tra più inaspettati su questo social network, il quale, evidentemente, qualcosa di meraviglioso consente a tutti: basta sapere guardare, sapere leggere, sapere amare.

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