“Metafisica del fossile”: un brano tagliato da “La vita umana sul pianeta Terra”

Ecco un inizio di capitolo del nuovo romanzo, “La vita umana sul pianeta Terra”, che esce a maggio per Mondadori (in Strade Blu) e che ho tagliato. Non c’entra nulla con il libro. Era una tirata appositamente fastidiosa, irritante, inutilmente filosofica. Davvero non ha nulla a che vedere con stile e struttura del testo. Era un unicum, una deviazione non spontanea, priva di immaginazione e verbosa per inculcarmi il senso della fatica e frustrarmi l’invenzione. Magari fa piacere a qualche interessata o interessato, che non so perché si interessino 🙂 … Ecco il brano cancellato:

“La fossilizzazione è il principio attivo che presiede al governamento di questo universo.
L’elongazione dello spazio vitale non elimina il suo decadimento radioattivo, la sua decomposizione in monumenti organici e minerali, autentiche cattedrali di carbonio, ovverosia il fossile, secondo le linee devolutive di un rattrappimento fisico pressoché assoluto. Di qui, immensa la mole di pensamenti umani. Il fatto, definito fatale da colui che non ha compreso che la vita è un continuo privo di soste e però realizzatore di salti di qualità passeggeri o, per maggiore precisione, stati di densità transitorii, il fatto cosiddetto fatale ha spalancato da sempre al fenomeno umano i portali altrettanto fatali di una filosofia spesso approssimativa, la quale segue essa stessa la contrazione in qualcosa di minerale e apparentemente inattivo, fossilizzandosi anche essa. La combustione lenta e non percepibile della vita attiva, l’incarnarsi fisiognomico di rughe e callosità nell’apparato corporeo, la tendenza a dirigersi verso una condizione da cui sia possibile principiare processi decompositivi, questa tensione inesausta alla smaterializzazione, la brutalizzazione dei legami chimici, la meiosi che accelera e poi si rafferma per leggi interne preordinate, tutta questa fuga della materia da se stessa ha nel fossile non soltanto l’emblema supremo, bensì la realtà più duratura di un ciclo di realtà che include, oltre alla vita attiva, una vita in sonno che viene scambiata per annichilamento, rifuggita nella fantasia e nei meccanismi rettili di certi riflessi nervosi di base finalizzati alla sopravvivenza, cioè all’illusoria conservazione della vita attiva, che nell’umano evocano la presenza del rettile.
E’ perciò giustificabile che, in luogo delle nozioni non rigorose di eternamento della vita o di morte del vivente, si insinui il sogno di ripristinare l’esistenza qual essa era accettata dall’intera specie, e ciò significa sfruttare la fossilizzazione, utilizzare il minerale per revocare corpi animati nel regime dei movimenti vegetali e animali, risorgere a partire dal resto reso scabro, che affiora a pena dal terreno secco e deserto, ricco di impronte di ciò che fu e quindi di speranza che esso sarà di nuovo. Si tratta di un sogno tecnologico che permetterà all’arcaico di ripresentarsi nel futuro remoto, immensi sauropodi aggirarsi tra campi di erba bruciata dalla nuova atmosfera, corpi di gloria di antichi defunti, l’intero vasto paesaggio del passato al servizio di uno spettacolo universale, un frammento d’anca o un canino che restaurano il vivente che fu, identico e diverso, per salti di ere, ominidi che in sé rappresentano la parola di salvezza di una specie virale, l’umana, che vive attraversata da fantasie elettriche, senza posa scoccanti nel corso dell’arco incomprensibile che viene irregimentato dalla pratica delle narrazioni ed è detto “storia”.
Resuscitare da quel residuo svuotato che mantiene intatto per ere l’ultimo gesto dell’involucro corporeo, un corpo carbonizzato in forma accecante, raggrincita e definitiva, scabra e quintessenziale, su cui l’umano ha elaborato poetiche e un sogno ininterrotto: evocare il fantasma che ancora è nei pressi di quella restanza pietrificata, il fossile, la mummificazione che è pronta a ripresentarsi ristabilita, dopo il sonno misterioso e duraturo nell’inconosciuto, ora finalmente disponibile a rinnovate attività. Operazione medianica estrema, la fede nello spettro che persiste dentro e attorno alla materia. Religioni e convulsioni del tempo umano tese a garantire tale fede, una speranza solidificatasi in certezza e osso di seppia, ultimativa perché potenzialmente sempre iniziale, attualizzabile lo sconcerto del corpo risorto, automatico e svuotato nelle facoltà, convocato nuovamente nella polla sulfurea del pianeta cavo, a scontrarsi nuovamente contro le resistenze delle caldare, dei vortici oceanici, dell’avanzata delle sabbie, abbandonando lo stato scistico per ricreare un nuovo tipo umano, perfezionato, forse incapace finalmente di farsi condizionare dai sismi emotivi.
Prendere un fossile, ripristinarlo, farlo agire, insenziente, per correggere il mondo tutto.”

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