Scopro che da ieri è in tutte le librerie l’edizione completa e compatta di “Romanzo nero”, il titolo che ho dato all’insieme dei noir e thriller che ho firmato in un decennio, dal 1999 al 2009. Sono cinque titoli, presentati in un continuum: “Catrame”, “Nel nome di Ishmael”, “Gotha” (ho ripristinato il titolo originale, era stato pubblicato come “Non toccare la pelle del drago”), “Grande Madre Rossa” e “Le teste”. Il protagonista è sempre l’ispettore Guido Lopez, nome mutuato dall’erudito autore di una celebre guida storica su Milano. Lopez nasceva inizialmente come omaggio a mio padre e a mio zio, lettori appassionati del ciclo di Maigret, e per venerazione nei confronti di Simenon. Tuttavia non c’era alcun intendimento di imitare l’inimitabile, avendo tra l’altro preoccupazioni e ossessioni molto distanti da quelle che impulsavano il maestro belga. Mi interessava, così come mi interessa ancora, utilizzare la forma nera come traccia e percorso di una metafisica che si rendeva esplicita, sia pure in una forma teologica. Tale prospettiva andava in convergenza parallela rispetto alla storia politica e civile del nostro Paese, da Mattei a Moro a Tangentopoli, così pure come andava in convergenza parallela con il piano internazionale che l’intelligence sostanzia e presidia – non si comprende perché le convergenze parallele debbano essere tra *due* e non *tre* linee. L’idea era dunque di occupare e stravolgere un genere, quello nero, che al momento in cui iniziai l’intrapresa era considerato in Italia una serie cadetta rispetto alla letteratura, a parte le eccezionali eccedenze costituite dalle eccellenze, ovvero essenzialmente Sciascia, a cui proprio guardavo (insieme a Simenon e al grande siciliano, era tra l’altro lo Handke de “L’ambulante” a catturarmi lo sguardo). Era altrettanto evidente che questo genere, popolarissimo e bistrattatissimo dalla critica (ma non dalla teoria), sarebbe divenuto il dominus del *mercato* e il divoratore di ciò che un tempo fu detto “secondo binario” (detta rudimentalmente, il mainstream come primo binario e la qualità come secondo). Inoltre si giocava, in quel tempo, una partita che non in molti erano in grado di prevedere e cioè la questione della serialità come perno della percezione nel contemporaneo, il che sarebbe risultato effettivo nell’arco di un decennio, fino a oggi. In questo campo di forze, provenendo dalla scrittura poetica, in cui mi sono formato e non ho smesso di formarmi, tentavo di introdurre anche una questione formale, che verteva sullo stile, e che potrei tradurre in questo modo: come fosse possibile che la problematica formale venisse ridotta all’antagonismo tra paratassi (per esempio: Ellroy) contro ipotassi, anziché in termini di ritmica assoluta, cioè non soltanto accentuativa, ma anche immaginativa. Entro pochi anni qualunque opzione sullo stile sarebbe evaporata o si sarebbe ridotta non tanto a discussione di nicchia, ma addirittura ad azione di nicchia (chi oggi lavora stilisticamente?). Ponevo domande, insomma. Proponevo risposte? Questa è ancora una domanda. Ora quelle domande, che sono storie raccontate da me (da me?), sono compattate in un volume di 1452 pagine, che costa 17 euro, edito per Mondadori nel marchio dei tascabili, Oscar. Spero che interessino.
Orgoglio Mondadori: negli Oscar la nuova edizione di “Io Hitler” e l’intera pentalogia dell’ispettore Lopez in un unico volume
Notizie praticamente eccezionali sui libri del Genna a favore di lettrici e lettori: a marzo viene ripubblicato in nuova edizione da Mondadori negli Oscar il romanzo “Hitler”, che riacquisisce il titolo originale “Io Hitler”; a luglio, e questo per me è appunto l’eccezionale, i cinque thriller noir con protagonista l’ispettore Guido Lopez saranno pubblicati in un unico volume, una sorta di Meridiano thrilling, un opus magnum della mia produzione di genere, una pentalogia che include “Catrame”, “Nel nome di Ishmael”, “Non toccare la pelle del drago” (che riacquisirà il titolo originale: “Gotha”), “Grande Madre Rossa” e “Le teste”. Ne sono entusiasta, è un onore e un orgoglio che mi fa il mio storico editore. Tutto ciò spinge potentemente alla stesura del nuovo romanzo, che è in corso e che da adesso accelera. Il ringraziamento non va soltanto agli Oscar Mondadori, ma coinvolge tutte le lettrici e tutti i lettori che, in qualche modo fedeli negli anni, hanno permesso questo risultato: davvero grazie, amiche amici.
Videointervista senza rete al Miserabile
Alla presentazione del suo nuovo romanzo Le Teste, Bonsai Tv ha incontrato il Miserabile, per parlare di internet e del futuro della letteratura in rete. E di alcuni scorci particolari del suo libro.
Verifica dei poteri sullo stato di produzione artistica e digitalizzazione, connessione e comunità: Bonsai.tv videoregistra pensieri non tanto in libertà circa il crollo e la rigenerazione dei paradigmi culturali nell’epoca della deflagrazione dell’occidente.
[Pubblicato il 21 dicembre 2009 e rieditato il 2 settembre 2011]
Flavio Santi: su “Le teste”
di Flavio Santi
[Pubblicato su Gli Altri del 6 dicembre 2009 e su Nazione Indiana il 31 dicembre 2009]
Senza timore di smentita pensiamo di essere stati i primi pubblicamente (sul sito di pordenonelegge.it e su rivista) ad avere preso sul serio Giuseppe Genna quando molti facevano spallucce di fronte ai suoi pseudothriller, incapaci di vedere le orbite di senso che via via si inanellavano come implacabili segnaletiche dei nostri tempi “devastati e vili”, per citare un altro suo titolo di imminente riedizione. Adesso, com’è giusto, Genna è uno scrittore a 360°, di punta, ma non dimentichiamoci che fino a qualche anno fa la maggior parte di coloro che ora fanno carole festanti intorno a lui non esitava a bollarlo riduttivamente come scrittore di genere. Ma questo è il solito malcostume italiano: vizi privati e pubbliche virtù. Memoria cortissima, e doppie verità a go go. Da questo punto di vista scrittori e critici non sono certo meglio dei tanto biasimati politici: sono semplicemente una fetta della grande torta avariata che è l’Italia.
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Miserabile audiointervista a RadioAlt. Una testa è una testa è una testa…
• Ascolta l’intervista di RadioAlt a Giuseppe Genna
Guido Lopez indaga. All’Idroscalo viene rinvenuta la testa di una ragazza, e le feste natalizie sognate, accarezzate, agognate dall’ispettore, improvvisamente non esistono più. Eppure già Scerbanenco ci aveva avvisati, molto tempo fa: i milanesi ammazzano al sabato. Ma nel libro di Genna c’è anche una sconfessione della letteratura di genere. Con Le teste Genna scrive forse l’ultimo capitolo delle storie dedicate a Guido Lopez, ispettore milanese che i lettori avevano conosciuto con i precedenti Nel nome di Ishmael e Non toccare la pelle del drago. Il fatto che Lopez sia milanese, e che a Milano svolga le sue indagini, non è secondario: perché Genna compone coi suoi thriller un ritratto vivido, puntuale e disperato della sua città, e lo fa grazie a una lingua precisa, ricchissima. Nell’enigma che si addensa attorno ad un grandguignolesco ritrovamento, filtrano temi cari a Genna: intrighi, il complotto, la longa manus della politica che si stende rapace, aggressiva sulla vita dei cittadini di cui pretende di tutelare ordine e benessere.
Dopo Italia de profundis prosegue la ricognizione di uno scrittore dotato sulle miserie e sul degrado del suo Paese.
[Intervista di Matteo Baldi. Edizione Massimo Villa per RadioAlt]
La storia gialla ne “Le teste”
Quando si definisce “pseudothriller” un libro, lo si può fare solamente a partire da una tradizione – altrimenti si è, a mio parere, unicamente offensivi nei confronti di un nobile genere. Qualunque spostamento di cosiddetto “genere” (un’entità abusata dalla critica, nella quale non ho mai creduto) ha la funzione di porre domande. Ciò accade in molti testi, da Poe a Lovecraft, i quali dimostrano non la paternità, bensì l’inesistenza stessa del “genere”. E’ affidandomi a questa tradizione, dunque, che utilizzo il termine “pseudothriller” e alla medesima tradizione ho attinto scrivendone uno.
Un esempio: si legge così ne Le teste e, in gran parte e soprattutto, ne L’ambulante di Peter Handke:
Di regola, a questo punto della storia gialla la persona in questione si sta disponendo a compiere un’ulteriore indagine o un altro interrogatorio. Ha già scoperto qualcosa che limita il novero delle possibilità, e sta per giungere a un risultato che potrebbe limitarlo ulteriormente. Ora, per sventare la minaccia che l’atto delittuoso possa essere indicato come atto da lui compiuto, l’assassino, che lo voglia o meno, deve nuovamente agire.
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Ferraresi su 02blog.it: intervista al Miserabile su “Le teste”
Sul bellissimo 02blog.it, il critico e scrittore Gabriele Ferraresi (autore de Il testimone) mi aveva già convocato a rispondere a profonde domande su Italia de Profundis. Mi ha fatto l’onore di convocarmi nuovamente a proposito de Le teste. Ecco il testo dell’intervista.
Intervista: Genna e Lopez tornano nella Milano de “Le Teste”
di GABRIELE FERRARESI
[da 02blog.it]
Giuseppe Genna è uno scrittore milanese, l’avevamo intervistato l’anno scorso per Italia de Profundis, straziante requiem per il Paese che abbiamo disimparato ad amare. Ora torniamo a incontrarlo, lui, che è partito da Calvairate – avrete presente piazza Martini, piazza Insubria, il micidiale piazzale Cuoco con i suoi tristissimi circhi – ed è arrivato in molti paesi d’Europa e non solo, grazie alle traduzioni dei suoi pseudothriller.
Protagonista dei quali, è l’ispettore Lopez: uno che si muove tra corso Monforte – la Questura – e le zone peggiori della nostra metropoli. Nel nuovo – ultimo? – capitolo, Le Teste, edito da Mondadori, tutto parte da una testa mozzata all’Idroscalo. Abbiamo colto l’occasione al volo per fare quattro chiacchiere con il buon Genna a tema Milano, noir, e complotti (narrativi e non). Buona lettura…
Dopo Hitler, che è un unicum nella tua “produzione” e Italia de Profundis, torni al thriller e a Lopez. E ritorni sempre a far muovere i tuoi personaggi in una Milano lunare. Avevi voglia tu di far risorgere Lopez o sono stati i lettori – in parecchi si erano affezionati a quel filone partito con Catrame… – o che so, direttamente Mondadori, a voler far ripartire la saga?
Il libro ha una lunga gestazione. La prima stesura risale a prima di Nel nome di Ishmael, che gli è debitore a un certo livello (l’idea di una lotta di intelligence attraverso simboli spirituali – il che, a tutti gli effetti, accade realmente). Il thriller per me non è tale, ma lo dico stando attento a declinare con precisione affermazioni simili: io intendo affermare che non esiste la teoria dei generi in letteratura, al di fuori di una considerazione che metta in relazione gli unici generi che ho esperito da quando ho avuto il bene della ragione, e cioè prosa e poesia (e anche su questa distinzione nutro perplessità). All’interno della prosa nasce il romanzo, che per me è narrazione fantastica, il che non significa che non abbia profonde relazioni conoscitive con la realtà. A cosa mi serve una narrazione fantastica che mette in scena uno che indaga? Letteralmente a questo: a mettere in scena uno che indaga. Se sta indagando, non sa – è ovvio. La bidimensionalità apparente di Lopez non coglie nulla di emotivo in me: Lopez è un personaggio. Di quale tipo, giudicherà il lettore. Non sapendo se avrei continuato la saga di Lopez, quest’occhio testimoniale che si muove di fallimento in fallimento, ho deciso di depositare quello che per ora ne è l’ultimo capitolo presso l’editore che ha pubblicato tutti i libri in cui Lopez spettralmente si aggira.
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Uno dei livelli metaforici de “Le teste”: le morti bianche
La decapitazione è un atto che ha assunto plurime stratificazioni culturali, di ordine simbolico. Resta il fatto che essa è, e letteralmente, decapitazione. E l’accadimento avviene a livelli ugualmente plurimi – per esempio, implicitamente politici. Come nel caso delle “morti bianche”. Proprio questo è uno dei piani che, nel libro Le teste, risultano impliciti o espliciti, a seconda dello sguardo che legge (già nel racconto La morte vuota avevo tentato un avvicinamento narrativo alla questione, per me centrale).
Quest’atto tragico si verifica continuamente nella storia umana. Per esempio, ieri, in Italia. Ecco la terribile notizia, la quale comporta anch’essa una lettura di tanti impliciti, in primis che cosa sia oggi il lavoro umano.
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Persistenza dissuasiva della Polonia ne “Le teste”
Anzitutto, un’informazione di servizio. Il prezzo al dettaglio de Le teste è in libreria 16.20 €, mentre on line continua a risultare di 18 €.
Pubblico qui di seguito un passo dal libro, per evidenziare certe retoriche di inserto che mi interessano. Segnalo che, circa le retoriche legate agli inserti, Le teste tenta di risultare un lavoro che opera cercando di chiudere una questione aperta tra me e la mia scrittura (e, dunque: si prescinde, come mi pare naturale, dagli esiti eventualmente artistici della strutturazione del testo).
In tale brano, si tratta del bennoto mio amore per la lingua e la sintassi polacca, che come si sa pratico da moltissimo tempo. La situazione: Guido Lopez deve urgentemente recarsi a Bologna, provenendo dai lidi ravennati. Sono assolutamente debitore a un prezioso amico scrittore per l’informazione circa il cimitero polacco alle porte del capoluogo emiliano.
Ecco. il passo in questione.
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Da oggi in libreria lo pseudothriller del Miserabile: “Le teste”
• Il Corriere della Sera su Le teste
Al per me insostenibile prezzo di 18€, è da oggi disponibile in libreria, per i tipi Mondadori della collana Strade Blu, il libro Le teste, a firma del sottoscritto. Sulla portata del prezzo, due righe: non dipende dall’autore questa decisione, che mi pare irrispettosa nei confronti dei lettori, i quali non stanno acquistando, che so?, 1024 pagine rilegate di Antonio Moresco (25€ per i Canti del caos, ma di capolavoro si tratta, ed è ben giusto che non sia collocato in collana “popolare”, così come si pagano 20€ per il libro di Mazzantini, che sta in collana prestigiosa e non popolare, e quindi deve essere anch’esso un capolavoro, come testimonia il fatto che recentemente è stato insignito del Campiello) o anche il romanzo Hitler (20€, con carta di livello e rilegatura, per 624 pagine). Io, essendo un lettore, sono anche stufo di prezzi tali. Purtroppo, per Le teste, non è affatto garantita un’eventuale uscita economica negli Oscar Mondadori, e quindi va considerata, al momento, questa edizione come la migliore delle possibili. Non ho reperito sconti nelle librerie on-line. Il libro si può acquistare qui.
Sotto, la copertina, che non c’entra nulla coi temi e neanche con le atmosfere del libro. Più sotto ancora, la bella e significativa quarta di copertina, che colloca il libro alle giuste latitudini di comprensione.

Il Miserabile e Le teste sul Corriere della Sera: “Odio Lopez perché non telefona alla mamma”
• Il Corriere della Sera su Le teste [pdf]
Incontri – L’autocritica dell’autore mentre arriva in libreria il thriller «Le teste», quasi un congedo
«Caro ispettore Lopez, ti odio»
Genna è stanco del suo eroe: non conclude niente, non ha profondità
di RANIERI POLESE
[dal Corriere della Sera, 21.9.2009]
In un dicembre freddo shocking con tanta neve grigia in città, sotto il ghiaccio che sigilla l’Idroscalo di Milano viene trovato il corpo di un pensionato. Accanto al cadavere, i sommozzatori raccolgono un sacco di plastica: dentro c’è la testa decapitata di una ragazza bionda. Parte così Le teste (Mondadori), la nuova (ultima?) indagine dell’ispettore Guido Lopez (in libreria da domani), poliziotto in servizio effettivo dal 1999 quando apparve nel primo romanzo di Giuseppe Genna, Catrame , e da lì ha proseguito per altri quattro titoli. «Lo odio — dice Genna —. E non è solo l’insofferenza per il personaggio, quella che alla fine provava Simenon per Maigret. Odio Lopez, il suo non saper mai concludere niente. È una figura senza profondità, non telefona mai alla mamma, non ha una fidanzata. Non si sa com’è fatto, non viene mai descritto. Serve al meccanismo seriale del thriller, che io però voglio mettere in crisi. Da noi non c’è uno scrittore come Ellroy, non ci sono fiction tv come ’24’ o ‘Lost’, c’è Don Matteo».
Strana, ma nemmen troppo, questa dichiarazione di odio per il personaggio che lui stesso, Genna, ha creato. Infatti, romanzi come Nel nome di Ishmael o Non toccare la pelle del drago non sono e non debbono essere considerati thriller convenzionali (detective in caccia del killer), c’entra sempre la storia più grande, dalla morte di Enrico Mattei alle stragi più recenti. Il ruolo principale, così, finisce per essere quello dei Servizi, delle «strutture parallele», di trame e intrecci dal forte sapore di complotto. Anche ne Le teste , via via che le ricerche sull’identità della donna procedono, mentre dal passato emergono altri casi di vittime decollate, ci si accorge che dietro traspare un altro disegno molto più inquietante, con addirittura un riferimento al filmato diffuso su Internet della decapitazione di Nick Berg, per mano di al-Zarqawi, nel maggio 2004.
«La testa trovata nell’acqua appartiene ai miei ricordi di bambino — racconta Genna —. Avevo 11 anni, i genitori avevano portato me e mia sorella al mare, a Lido Adriano, vicino a Ravenna. Siamo sulla spiaggia, due ragazzi tedeschi stanno uscendo dall’acqua con un sacchetto di plastica trovato sotto le rocce di un moletto. Lo aprono e ne esce una testa di donna. Per anni, tutte le notti ho avuto l’incubo di vedere uscire quella testa dall’acqua del water». E anche il libro riporta quell’episodio, un antico delitto, vittima una prostituta, in cui potrebbe essere implicato proprio il pensionato trovato morto all’Idroscalo. «Per questo romanzo ho usato degli intermezzi, in corsivo. La tradizione del thriller Usa più dozzinale propone sempre questo stratagemma, dando spazio alla voce del folle, del serial killer, che è ovviamente più avanti dell’investigatore. Ma qui, in Le teste, di chi è quella voce? Dell’assassino, o dello stesso autore che continua a girare intorno a quell’antico orrore?».
La città che fa da scenario e coprotagonista in questo freddo delirio, Milano, è una città a degrado avanzato, che continua a voler credere alle sue leggende (Genna dedica una pagina al mito della Milano anni ’50, i poeti e gli artisti del Giamaica) e non vuole percepire la reale situazione di un agglomerato urbano che non funziona più («quando ci fu la grande nevicata, per avere i sacchetti di sale ci si dovette rivolgere a Torino»), dove le aiuole e i parchi sono ridotti a sterpaglia. «Ma anche la mente dei suoi abitanti è un groviglio di sterpi: negli ultimi tre anni il consumo degli psicofarmaci è più che raddoppiato». Milano come avanguardia dell’Italia. «Di un Paese che dalla caduta del Muro ha perso ogni interesse strategico, è scivolato nella periferia di un impero che non ne vuol più sapere, guarda altrove. Ma politici e governanti fanno come se tutto ancora si tenesse insieme».
E i servizi deviati, le strutture parallele? C’è un complotto, così come ce ne sono stati tanti nella nostra storia recente? «Il complotto si iscriveva in un protocollo paranoico che è andato in pezzi. Pensare che dietro quanto accadeva c’era un Grande Vecchio, un Potere occulto, questo serviva per dare coerenza al racconto. E serviva anche a ciascuno di noi, per raccontarci una plausibile spiegazione. Questo paradigma oggi non vale più. Siamo passati a quello che si chiama stress post-traumatico, l’emergenza psichica numero uno dei nostri tempi. Si percepiscono frammenti, pezzi di un’esperienza traumatica, che però non riusciamo più a cogliere nella sua interezza. Così non siamo più in grado di elaborare il lutto, restiamo sospesi in un limbo che somiglia all’inferno. E forse lo è».
In guerra con il suo personaggio (ma quando ha visto che nella nuova «Squadra» televisiva c’è un ispettore Lopez, un po’ si è seccato), in scadenza di contratto («Questo è il mio ultimo libro Mondadori »), Genna torna a lavorare sul suo work in progress, Assalto a un tempo devastato e vile , magma in espansione di saggistica e narrativa, analisi e delirio, epopea crudele delle periferie che un tempo stavano ai margini delle città, e che oggi ormai le hanno conquistate. Questo zibaldone di fatti e pensieri, dopo essere uscito da Pequod e poi da Mondadori, vedrà una terza edizione aumentata da Minimum Fax, primavera 2010. Intanto, dal suo monumentale Hitler è stata tratta un’opera musicata da Filippo Del Corno, che ha debuttato nel Festival MiTo. E di Lopez, del suo ispettore ripetitivo, vuoto, seriale, bisognerà cominciare a fare a meno? «Chi sa, senza anticipare niente su come finisce il romanzo, sto già pensando a una ripresa. Paradossale, all’altezza del tempo devastato e vile che ci è dato vivere».
Un capitolo tagliato de “Le teste”: ‘Evacuazione!’. Ovvero: Lopez e ‘Cronaca Vera’
In un libro come Le teste, nicodemico thriller in uscita per Mondadori Strade Blu in quel del settembre prossimo venturo, e che tratta in effetti di tagli di teste, era impossibile che non si tagliasse un capitolo. Il che, precisamente, è avvenuto. Tale capitolo risultava un hàpax legòmenon eccessivo e andava espunto: espulso, a essere metodici – e lo siamo.
Questo capitolo, che, isolato, non può che avere a titolo “Evacuazione!”, concerne per l’appunto l’evacuazione di Guido Lopez, il personaggio protagonista della narrazione. Seguiva, questo capitolo ora tagliato, nella stesura originale, un momento in cui suddetto protagonista (che allo stesso tempo, e come sempre, è deuteragonista: ma non di un personaggio, bensì di “altro”) correva l’altissimo rischio dell’estinzione fisica, gravissima minaccia portatagli addirittura dentro alla risaputa tana da cui dirige le sue operazioni: la Questura milanese. La quale è quindi da evacuare. E anche qui, in effetti e in altro senso, della medesima materia si tratta, con ben altra soluzione.
Una specificazione. La lettera che il personaggio Guido lopez legge dalla rivista Cronaca Vera è reale, sebbene mai pubblicata sul popolare magazine, bensì nella consigliabile raccolta CARA CRONICA -170 lettere per svelare l’Italia dimenticata, edito da Aliberti per le cure di Edoardo Montolli.
Segue, dunque, il capitolo in quistione, immolato al metodo romanzesco:
Evacuazione.
Immediata, improvvisa: necessaria.
Il pericolo è altissimo e dalle fondamenta proprie e interiori l’ispettore Guido Lopez avverte il tremore dell’imminenza, dell’assenza di protezione.
Egli è esposto all’aggressione.
Deve cercare i Servizi e non vorrebbe. La pulsione lo esige. Protezione: cerca questo.
Il quarto piano della Questura, sede della Squadra Investigativa, cui da molti anni e con interruzione appartiene anima e corpo, esige l’evacuazione immediata: anima e corpo.
L’altissimo rischio pressa Lopez, abbandonare lo stazzonato trench, il piano è deserto, la fuga tumultuosa.
La perentorietà delle esigenze. L’ambiente è ostile: sempre.
Evacuare, quindi: e velocissimamente.
Il segnale giunto implica operazioni a tutela della sicurezza e del resto tutto il piano è evacuato, è solo, Lopez, abbandonato a sé.
Dove sono i Servizi?
A che giova una simile occorrenza?
La salvezza è a pochi metri, l’occasione stessa della medesima, purché sia Lopez il determinato che pianifica nell’istante medesimo in cui esegue.
E’ come un trillo, un sisma, illimitata sensazione di precariato di sé.
Evacuare, evacuare subito. Continua a leggere “Un capitolo tagliato de “Le teste”: ‘Evacuazione!’. Ovvero: Lopez e ‘Cronaca Vera’”