Peter Handke: appunti sul peso del mondo

di Peter Handke
[da “Il peso del mondo”, traduzione di Raoul Precht, 2005, Guanda]

La ragazza raccontò: “Ho seguito un uomo in metropolitana e ad ogni stazione mi sentivo più bella – quando finalmente mi ha rivolto la parola, m’ero fatta così bella, da divenire ormai inavvicinabile”

La casalinga: “Ciò che più mi stanca è questo andare avanti e indietro, arrestarsi, voltarsi e rivoltarsi – se solo una volta potessi andare dritta, per ore e ore!”

Le sue “scoperte”: “Ho scoperto un nuovo ristorante!”

Appendere davanti a casa mia un cartello con l’ammonimento: “Attenzione, in questa casa si legge!”

James Joyce poteva contare su un vocabolario di 30.000 parole; ecco perchè è lo scrittore più significativo del secolo

In un vecchio film di Jean Renoir piccole nuvole bianche passavano velocemente dietro Notre-Dame. E io pensai: più di quarant’anni fa, quelle nuvole sono dunque passate per di là

Avverto un’improvvisa liberazione nel chiudere gli occhi (per tutto questo tempo non ho osato abbassare le palpebre); così facendo, adesso ho l’impressione di collegare fra loro mente e sensazione, che a occhi aperti invece divergevano

Un’idea della morte; una grossa mela che tieni per il picciolo, silenziosamente, a lungo, finché non vieni a sapere delle leggi di gravità

L’idea che nell’ultimo attimo di vita, pur di assumere una qualunque posizione, si ritraggano le gambe al corpo, proprio come gli abitanti di Pompei di fronte all’eruzione del Vesuvio

Pian piano il silenzio esterno della sera si tramuta nell’interiore calore del corpo

Arieggiare l’appartamento con l’aiuto di uno sciame di bambini, che lo percorrono per un intero pomeriggio in lungo e in largo

De-pensarsi, de-respirarsi, mentre si giace nel sole, finché non vi sia nulla di me, e tutto si perda nel vento e nel sole; nulla, tranne un piccolo punto di dolore. Mentre ero steso al sole, le mani mi sono scivolate fuori dalle tasche; ho spalancato gli occhi, ed essi sono stati invasi da un uniforme biancore; poi li ho rinchiusi e improvvisamente ho scoperto, scintillante nell’oscurità verdastra, la Costellazione dell’Orsa Maggiore. Ho cessato di respirare, non c’era più nessuno tranne me

Bei momenti, quando per almeno per un paio d’ore non vi sono che gli oggetti, non v’è che la loro presenza; il freddo, il calore, l’ombra delle nuvole, i cartelloni pubblicitari dei films: né paura né euforia

Felicità – e contemporaneamente la sensazione, terrorizzante, che si tratti solo di un’eccezione

L’eterno oblio quotidiano, irritante, subentra già un attimo dopo la percezione

Non riesco mai a rimanere solo – c’è sempre qualcun altro che mi disturba: la mia mano, il dorso del naso, il mio sudore, i mie piedi freddi…

La sessualità come forma estrema di inimicizia.

Una coppia sposata che dice sempre “noi”; che non vi rinuncia nemmeno all’atto di formulare giudizi: “Questo non ci è piaciuto!”. La particolare spietatezza di questo “noi”

Qualcuno che si interrompa nel bel mezzo del coito per esclamare sinceramente: “Ora non so proprio più come andare avanti”

Come fanno le altre persone a sopportare le loro colpe quotidiane, i loro quotidiani fallimenti? Eppure, ovunque, volti dall’espressione perfettamente contenuta

Lei disse: “Sono rimasta amica di tutti gli uomini che ho amato!”, e io pensai subito: “Bene, con me questo orrore non deve aver luogo!”

Domanda alla casalinga: “Cosa le viene in mente alla parola ‘Torta di mele’?” – La casalinga: “Briciole sul pavimento”

Il mio passato: quando è stato bello, rammento la situazione; quando è stato brutto, rammento me stesso

Un giorno nel quale non si prende coscienza del proprio corpo, non lo si ascolta, non lo si vede, non lo si odora: e non si prova alcun senso di privazione


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