Meditazioni su Orfeo / 4: Rovesciamenti

Mentre la mente è stanca e i pensieri costano fatica, un’intervista a Emanuele Severino mi riporta, con inattesa precisione di traiettoria, all’Orfeo che devo comporre per la rappresentazione a Mantova (particolari, come già detto, in séguito). Uno dei momenti fondamentali, che non è detto che abbia rappresentazione nel testo, è la storia delle Argonautiche, cui segue la vicenda amorosa di Orfeo ed Euridice, la perdita di Euridice e, soprattutto, cosa accade prima della discesa agli Inferi di Orfeo: la vita che persegue il “rovesciamento”, la perdita e ciò che viene dopo la perdita, lo snodo del divenire che non è più divenire. Una situazione che, per quanto io intendo, coincide perfettamente con i rovesciamenti di cui Severino tratta nel passo che qui sotto segue: dall’esito dei rovesciamenti si subisce un lutto che conduce allo sguardo in un abisso, della cui sostanza l’umano non è avvertito, e che non può essere pensiero, dato che, come in maniera ormai celebre lo stesso Severino ha sentenziato con efficacia, “il pensiero è l’immediato”, ma esiste qualcosa da cui l’immediato emerge, qualcosa di non immediato e gli Inferi certo non sono immediati – il pensiero degli Inferi non è l’Infero. Ecco dunque la struttura non originaria che determina il presente da cui Orfeo si assenta, per introdursi in qualcos’altro, secondo le parole di Severino…


Rovesciamenti
di EMANUELE SEVERINO
Ci sono dei grandi precedenti del rovesciamento di mezzo e scopo. È già Aristotele a parlare di crematistica, dove per crematistica intende la produzione della ricchezza che non ha come scopo la vita felice e buona, ma è la produzione della ricchezza che ha come scopo l’incremento della ricchezza, di modo che in questo caso la dimensione economica da mezzo diventa scopo. Questo è un grande precedente del rovesciamento di cui parlano i miei scritti dove la tecnica, però intesa non in senso riduzionistico, da mezzo diventa scopo.
Un secondo antecedente, secondo me rilevante, è l’eresia ariana, ovvero ciò che dal punto di vista dell’ortodossia cristiana è chiamato eresia ariana, per la quale, come sappiamo, la critica di Ario è che Gesù da mezzo per arrivare a Dio – dove Dio è lo scopo nel tragitto globale dell’uomo – è diventato lo scopo. E infatti nel cristianesimo il centro è un punto cristologico più che teologico. Insomma, la cristologia ha avuto la preminenza sulla teologia, allora anche qui c’è il rovesciamento del mezzo che diventa fine.
L’altro grande rovesciamento, il terzo, è quello di Marx. La tesi di Marx lavora direttamente in relazione a quella di Aristotele quando tratta il processo economico, dove ad esempio si parla del danaro che serve per l’acquisizione dei beni di consumo, e quindi come medio, ossia che serve nel passaggio dalla cessione di un tipo di merce all’acquisizione di un certo altro tipo di merce (per esempio, ti dò il lino e tu mi dai il grano). Attraverso il denaro, se lo scambio non può avvenire immediatamente, dove dunque il denaro è mezzo, avviene un rovesciamento per cui non è che io ti dia lino per consumare grano e tu mi dia grano per vestirti, ma ci serviamo del lino e del grano per aumentare la somma di danaro inizialmente impiegata e allora anche qui l’incremento della quantità di denaro diventa lo scopo del processo economico.
Quando parlo del rovesciamento in cui la tecnica diventa scopo intendo indicare il culmine di questa serie, che potrebbe essere ulteriormente esemplificata, di processi di rovesciamento mezzo-scopo. Un culmine che ha i caratteri a mio avviso della perentorietà, cioè è inevitabile. Allora, diciamo così: data la situazione di conflittualità tra le forze che si servono della tecnica per realizzare i propri scopi specifici, è inevitabile che lo strumento divenga lo scopo primario di queste forze e che gli scopi specifici siano degradati al livello di mezzi, sicché la formula esemplificativa potrebbe essere «non ci serviamo della tecnica, per esempio per promuovere il cristianesimo – perché è chiaro che anche il cristianesimo oggi ha bisogno della tecnica – ma ci serviamo del cristianesimo per promuovere, per incrementare la potenza dell’apparato scientifico tecnologico» o anche «non ci serviamo della tecnica per esercitare una vita buona – espressione aristotelica – ma ci serviamo della vita buona o in sede economica, per far funzionare bene le imprese – quel che si dice l’etica delle imprese – oppure ci serviamo della vita buona per aumentare, daccapo, il volume globale di possibilità tecnologiche a disposizione dell’uomo.


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