La materia storica che entra nel romanzo a cui sto lavorando (e manca ancora molto studio, soprattutto dei corollari e dell’anedottica che, a confronto col Male che si irradia, determina un grottesco che rientra nelle oscenità da evitare in stesura) è un arco temporale contradditorio: storia sì, ma anche Storia; e Storia in quanto accade per la prima volta l’irradiazione diretta ed estensiva del Male, senza mediazioni culturali (che sono tutte oscenità di supporto alla Cosa che fa il Male, trappole per la coscienza collettiva in cerca di consolazioni). La composizione di un simile libro dovrebbe rispettare i canoni del romanzo storico, ma non può farlo, perché il rischio è di riempire di contenuti lo “zero” che irradia la materia stessa del Male; e non si può nemmeno ricorrere alla retorica del genere storico-fantastico, che creerebbe una laidezza tesa a giustificare per appoggio quanto deve essere ricondotto allo “zero”, visto che la nostra contemporaneità, al posto di quello “zero”, nonostante le avvertenze di chi si occupa di questa viscosa e tragica materia, vede del pieno, che io devo svuotare. Una situazione che ricalca non a caso gli esordi del romanzesco, nella chiave poematica che permise in epoca moderna (intendo nell’Ottocento) di aprire le porte a una narrazione prosastica, che ha assunto via via i connotati della nostra contemporaneità.
Nel caso italiano, questo snodo sta nel passaggio tra Foscolo e Leopardi ed è su un giudizio del critico Francesco Flora circa iSepolcri del Foscolo che mi soffermo: poiché gli snodi ci sono tutti, i problemi ci sono tutti – sul piano non tematico, ovviamente, ma delle retoriche. Spingere il romanzo all’estremo (anche se il romanzo non avrà nulla di sperimentale, anzi: sarà prevedibilmente molto leggibile) comporta il ricongiungimento con quegli snodi problematici che Flora già identificava, con precisione autoptica, nella fine del poematico che Foscolo incarna coi suoi Sepolcri. Basta semplicemente sostituire, nel finale, la parola “vita” con “Storia”:
“Una certa fatica si avverte nello svolgimento pindarico dei Sepolcri, poiché non sempre i passaggi del sentimento si legittimano per se stessi, e chiedon talvolta appoggio a una specie di argomentazione logica che è incapace di ordinare in concetto quel che nell’armonia del sentimento foscoliano è già ordinato e musicalmente risolto. Forse questo argomentare fallace destò in coloro che non seppero giungere al cuore del carme l’impressione che il Giordani riassumeva nella frase: fumoso enigma. Ed è un residuo di quel dissidio tra ragione e sentimento, tra sopramondo e vita, che s’è visto qua e là nella concezione foscoliana del vivere”. (F. Flora)
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