Il respiro dell’Assente

Bruciando lo sterno fa vortici: a spirale salgono sospese le immagini perdute, le non ancora guadagnate, in incendio, come la velina che copre d’inverno le arance. Il Tuo respiro mi giunge trapassando brume lacustri, collinari pettinati, la cintura degli obbrobri, la polluzione della città riscaldata a metano.
Di colpo il leccio si è riempito di corvi, sui rami posati in utile formazione: fomentano il dolore. Alle Tue movenze che non distinguo, guarda i piumaggi loro disfarsi in ulteriore incendio, i loro corpi d’oro levarsi in scatto sincrono, il Tuo lago allargarsi ed emergere la Forma di cui non riesco a dire, enorme, minacciosa: la materna.
Minacci la carne.
Tu riunisci lettere all’ispirito.
Ombra di Te, la flessuosa che assente respira e il cui sguardo chiamo, è ciò che hai da disciogliere in arti non visti: Ti propaghi due, e sei l’Una. Sei colei che comprende.
Dalla nuca, a fontana, dalle scriminature, a getti diseguali, formidabile dalle labbra fuoriesce a tratti luce di fiamma blu.
Sono in attesa dell’Inattesa, solo mi muovo con Te in danza a distanza, poi sei vicina e quindi spingi per emettere l’espirazione mia.
Tra costola e costola: gemme.
Luminosi irti di diademi ircocervi si consumano nel fuoco che induci, io sono l’ircocervo, sono il diadema.


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