L’apocalisse è sempre. La letteratura o è apocalittica o non è. Quale apocalisse? In che senso? L’apocalisse come rivelazione e, prima di essere la rivelazione dell’interiore, nel qui e nell’ora, è scoperta, varco superato. Rivelazione, appunto.
Dalla Medea di Seneca:
I nostri padri videro secoli senza macchia, quando ogni frode era sconosciuta. Ogni uomo, quietamente, se ne stava alle sue spiagge, invecchiava sulla sua terra, ricco del poco che aveva, non conoscendo altri beni che quelli che gli dava il suolo natale. La nave tessala, Argo, congiunse le parti del mondo che a ragione erano divise, ai mari impose di subire le sferze dei remi, ai misteriosi flutti di mutarsi in causa dei nostri terrori. Ne pagò il fio, trascinata di pericolo in pericolo, la sacrilega nave, quando i due monti che sono le porte del mare, all’improvviso spinti l’uno contro l’altro, lanciarono un rombo simile a tuono, ed il mare, tra loro schiacciato, spruzzò le stelle e le nubi. Il coraggioso Tifi impallidì, tremando la sua mano abbandonò il timone, tacque Orfeo, la lira silenziosa, e Argo stesso perse la sua voce. E che dire quando la vergine sicula, Scilla, coi suoi cani rabbiosi intorno al ventre, spalancò d’un colpo le sue fauci? Chi non tremò in ogni fibra dinanzi a quel mostro che da solo tante volte latrava? E quando le terribili pesti, le sirene, tentarono con voce seducente il mar Ausonio, ma il Trace Orfeo, la cetra Pieria suonando, le costrinse quasi a seguirlo, loro ch’erano solite fermare, col loro canto, le navi? Quale fu il premio di un tale viaggio? Il vello d’oro, e con lui Medea, flagello più grande delle onde, mercede degna della prima nave.
Ora il flutto si è arreso e alle leggi si piega.
E Argo, la nave famosa,
che Pallade compose pezzo a pezzo,
Argo che porta i remi dei sovrani,
non c’è più bisogno di lei.
Piccola barca corre il mare alto.
È caduto ogni limite,
in terre sconosciute
sorgono mura di città,
le strade del mondo si spalancano,
muta sede ogni cosa.
Si disseta l’Indiano
al gelido Arasse,
bevono i Persiani all’Elba e al Reno.
Verrà giorno, in secoli lontani,
che Oceano sciolga le catene
delle cose ed immensa
si riveli una terra.
Nuovi mondi Teti scoprirà.
Non ci sarà più sul pianeta
un’ultima Tule.
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