Addio a Enzo Siciliano

ansa_8275774_02310.jpgE’ morto questa mattina Enzo Siciliano. Ho avuto la notizia della grave emorragia cerebrale che lo aveva colpito ieri sera, a Fiumicino, proprio mentre lasciavo la città di Siciliano. Il giorno prima ero nella redazione di Nuovi Argomenti, la rivista che da un paio d’anni aveva strepitosamente rilanciato (e di questo suo ultimo ruolo, decisivo per la mia generazione, anagrafica ed editoriale, dirò qualcosa più sotto).
Avevo conosciuto Enzo Siciliano quando lavoravo a Montecitorio. Ero un ventiquattrenne magrissimo e sparuto in una conchiglia fossile letale e immensa, e Siciliano era presidente della Rai. Era il 1994. Mi appoggiai anche a lui per organizzare una lettura di poeti nella Sala della Lupa, la storica stanza in cui fu firmata la Carta Costituzionale. Siciliano era di una gentilezza e di un’urbanità pari solamente alla sua raffinatezza culturale, che era intensissima. Il suo spettro di erudizione, a proposito di qualunque manifestazione della cultura, era impressionante: non soltanto letteratura, ma anche musica (classica e contemporanea) e arte figurativa lo vedevano da sempre protagonista.
Il suo ruolo, che dapprima può essere parso vicario, sotto l’ombra del Pasolini che celebrò in una monografia decisiva, recentemente ristampata da Mondadori, è andato via via sganciandosi dalle figure che lo avevano avviato al grande mondo intellettuale, non soltanto romano, come Moravia. Organizzatore culturale senza pari, aveva una passione divorante per la ricerca e la scoperta, una curiosità direttamente proporzionale all’olfatto del cacciatore di talenti. Una costante della sua generazione: unire la tradizione con l’innovazione, con la strenua cerca di nuovi talenti. Nulla a che vedere, a tal proposito, con i conati pretestuosamente celebrativi dell’alterità a cui si autosottoponeva, a doccia, la neoavanguardia, ferocemente e acutamente destrutturata già nel 1963 da Enzo Siciliano, con un testo che, se già fece epoca allora, continua a farla adesso: rimane il sigillo definitivo sulla questione della neoavanguardia italiana, Sicialiano aveva ragione su tutta la linea, sebbene la ragione fosse espressa con toni meno spettacolarmente rancorosi di quelli del Fortini di Verifica dei poteri.
Siciliano ha guidato Nuovi Argomenti, la testata fondata da Carocci e Moravia, attraverso fasi (ed editori) molto differenti, portandola al di là del periodo di desertificazione del comparto delle riviste letterarie italiane, cioè gli anni Novanta e i Duemila, gli unici decenni della nostra vita a essere uguali tra loro. Dapprima lo fece puntando sull’estro, sull’erudizione e la brillantezza di Arnaldo Colasanti ed Emanuele Trevi, poi, dopo un periodo di crisi che attribuirei più al periodo storico che alla redazione, con un violento rinnovamento delle voci e degli autori. E’ storia degli ultimi anni. L’entrata in redazione di Mario Desiati, la scoperta di Alessandro Piperno e Leonardo Colombati – si sono aperte le porte di una grande rivista a scritture che non avevano fino a quel momento goduto della fiducia dell’intellighentsia romana. Sono apparsi testi di Wu Ming, Moresco, Pincio, Saviano, Santi, Domanin, per fare solo alcuni nomi, e l’attenzione di Siciliano andava sempre più acutizzandosi nei confronti del nostro presente letterario, che, rispetto a quello di altre nazioni continentali, sta vivendo quasi un’età dell’oro.
A testimonianza di tutto ciò, dopo la dipartita di Cesare Garboli, a Siciliano era stato affidato il Premio Viareggio, un riconoscimento che aveva gradualmente perduto il lustro degli anni passati. Proprio ieri si decideva la cinquina della seconda edizione del Premio: riunione sospesa, giocoforza. Le ore erano drammatiche e l’Italia stava per perdere uno dei suoi intellettuali più prestigiosi e profondi. Mondadori stessa, con la morte di Siciliano, perde uno dei suoi ultimi intellettuali di riferimento, dopo la scomparsa prima di Garboli e poi di Pontiggia.
Il destino della rivista Nuovi Argomenti, legata così in essentia a Siciliano, è auspicabilmente sganciato dalla vicenda del suo storico direttore (del resto, da Citati in giù, non mancano a Mondadori i possibili sostituti).
La camera ardente, allestita nella sala della Protomoteca, in Campidoglio, sarà aperta dalle 15 di oggi a tutti coloro che vorranno rendere omaggio alla salma dello scrittore. Chiuderà alle 20 per riaprire domani, dalle 8 alle 11.30. Sempre domani mattina, alle 11, in Protomoteca, sono previsti i ricordi del sindaco Walter Veltroni, di Alfredo Reichlin, Giorgio Van Straten e Mario Desiati.


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