Philip Roth: EVERYMAN

everyman.jpgdi Giuseppe Genna
frecciabr.gif TUTTI I LIBRI DI PHILIP ROTH
Se un nuovo romanzo di Philip Roth appare in libreria, l’evento è assicurato. Tuttavia non è assicurata la tenuta qualitativa dell’opera a confronto con le aspettative. Intendiamoci: Roth è tra i tre o quattro migliori scrittori viventi al mondo, ma la sua discontinuità è ormai da considerarsi una norma. Da Portnoy a Everyman (Einaudi, traduzione di V. Mantovani, € 13.50), l’ultimo nato che il suo genio ha partorito, sono tanti gli interludi, i momenti in cui lo scrittore americano ha ripreso fiato, per lanciarsi poi in variazioni consistenti ed travolgenti, trasformazioni personali che hanno trasformato la letteratura contemporanea. Roth ha il pregio e il difetto di affiliare: esiste un partito di “rothiani”, con i quali personalmente vado solo saltuariamente d’accordo. Prendiamo il caso de L’animale morente: a mio parere uno dei libri fondamentali usciti nell’ultima decade, e attaccato da fidatissimi partigiani di Roth. I quali hanno disdegnato anche Il complotto contro l’America, qui trovandomi d’accordo. I medesimi dicevano che La macchia umana, un romanzo per me memorabile, non era all’altezza di Sabbath o della Pastorale (di quest’ultimo titolo non ho imbarazzo a dire che per me vale Underworld di DeLillo). Con Everyman ci si troverà allibiti, “rothiani” e non: questa è la quintessenza di Roth, il negativo del motivo per cui il suo racconto vitalista ha conquistato lettori carnali e desiderosi di una libido letteraria che facesse fremere la carne fuori dalla letteratura stessa.

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