
Tre testi da “Odi barbare”, con versione originale. Odi Barbare è il secondo volume nella sequenza The Daybooks di Geoffrey Hill, e il terzo a essere pubblicato. È stato preceduto da Daybooks III: Oraclau | Oracles (2010) e Daybooks IV: Clavics (2011). Gli altri volumi della serie, che sarebbero apparsi nella raccolta Collected Poems 1952-2012 pubblicata da Oxford University Press nel 2013, sono: Al Tempo de’ Tremuoti e Liber Illustrium Virorum…
XXV
Amore, ci sono tempi difficili tra noi,
anche se, al tuo posto, non riesco a immaginare
perché non dovrei seguire i suoi passi incerti
dentro e fuori dal sole.
Alla luce di candele, ecco l’invocazione,
illuminata dalle stelle | qualunque altra cosa è silenzio.
Gratiana, da qualche parte, ancora | danza,
danza⌒e⌒canta.
Cantando non il cuore, ma oltre la favola,
grandi arterie carotidi si auto-realizzano.
Come il sangue trova misura nella sua modulazione,
equilibrato e impulsivo.
Così sono le nostre tempeste tracciate da orbite solenni,
la turbolenza concessa alla nostra sfera isolata, ora
sbattuta, ora girata su un punteruolo, ora confusa,
coronata da ghirlande di nubi.
Le maschere sfidano così e costringono al lavoro,
sua è l’impresa da mascherata, le scene meccaniche.
Le stelle hanno tenuto l’essere dal quarto giorno della creazione,
girate nella loro musica.
Nobile la sua figura, inquietante la fama che le concediamo,
tutti i riti compiuti bene, tranne una consumazione,
calpestando il nulla verso l’incessante
Creatore non mostruoso.
XXVI
Łódź, ci sono stato, fatto tutto, i bambini scomparsi.
Il klezmer rallegra la porta di Lazzaro;
se, come voci sparse, i morti ora ritornano,
hanno il nostro numero.
Respirando a fatica, combattevamo contro pastiglie dei freni d’amianto,
orologi luminosi radioattivi,
una placca verde frizzava su elastici da polso,
la colla odorava di caramelle alla pera.
Qualcuno, in quei giorni tesi, prevedeva le biro,
non il mio ebreo piagnucolante amico, brillante e prepotente,
che conoscessimo il klezmer, ne dubito molto: la Danza
di Nozze per i Vecchi.
Il tempo mi ha liberato da lui come io non avrei potuto fare.
Molti allora avevano lungimiranza, ma io non ero tra loro,
vitali ingranaggi che contano: nessuna sottrazione
li può mai cacciare via.
Le probabilità sono una miseria dove la redenzione ci arena,
debiti di quei morti da tempo: scintille di cellule fantasma;
chi danzerà il broyges tants, la danza della rabbia,
riconciliazione?
Non c’è voce nota, ma un clarinetto risuona,
quasi umano, proponendo un melt per cui morire,
lancio di cose vincolate, lamenti dei
sopravvissuti più recenti, in diminuzione.
XXVII
Soffia sui miei occhi fragili come su un vetro | questo,
qualcosa di così squisito che a malapena posso sopportarlo.
Non credo avrei mai potuto sopportarlo,
se non fosse reale.
Fai dello straniamento tutti i nostri desideri, quell’età così
perfettamente potente nella sua imperfezione.
Come indennizzare una leggenda degradata,
perduta nel computo?
Contumace come sono e come ora, come
Poggio, io | amo troppo l’invettiva—
questo per il nostro bene—così che mi hai visto cambiare
idea, se lo sottolineo.
Soffia sui miei occhi fragili, sono stanco di dormire,
largo ma non troppo affettuoso
bene si addice alla fiera Didone trionfante,
obolazione lirica.
Fantastico qui come in quei strani film che
guardavamo, sebbene separati, I racconti di Hoffmann.
Che cosa dobbiamo essere per non essere lavorati con specchi,
alveari di prospettiva.
Avrei potuto trovarti in un film di Ophüls,
risonanze silenziose di vetro configurato,
se solo ci avessi tagliati fuori da The Masque of Blackness
mentre stava andando in scena.
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XXV
Lovelace there come difficult times between us
Though in your place I cannot well imagine
Why I should not follow her chequered steps in-
Out of the sunlight
Candlelight here given the invocation
Starlit even | whatever else is silence
Gratiana somewhere still | she is dancing
Dancing⌒and ⌒singing
Singing not her heart out beyond the fable
Grand carotid arteries self-fulfilling
How the blood’s tempered in its modulation
Balanced impulsive
So are our storms trackered from solemn orbit
Turbulence granted our sequestered sphere now
Buffetted now spun on an awl now baffled
Wreathed in cloud-garlands
Masques do so challenge and compose to labour
Hers the masque-like venture the scenes mechanic
Stars have held being since creation’s fourth day
Turned to their music
Noble her frame troubling the fame we yield her
All rites well done short of a consummation
Treading down nothingness to ever-dealing
Maker unmonstrant
XXVI
Łodz I’ve been there done that the vanished children
Klezmer makes glad music at Lazarus gate
If as straggling voices the dead return now
They have our number
Breathing hard we wrestled asbestos brake-pads
Luminously radioactive watches
Fizzled green plaque riding elastic wrist-bands
Glue smelt of peardrops
Someone those taut days was predicting biros
Not my blubbered Jewish pal bright a bully
That we knew klezmer I much doubt the Wedding
Dance for the Old Men
Time released me from him as I could not have
Many then had foresight but I was not one
Vital spinners counting there’s no subtraction
Ever can oust them
Odds are for pittance where redemption strands us
Debts of those long-dead sparks of phantom brain cells:
Who’s to dance broyges tants the dance of anger’s
Conciliation?
There is no known voice but a clarinet sounds
Almost human touting a melt to die for
Hurl of things fastbound the last-known survivors’
Wailed diminution
XXVII
Breathe on my nesh eyes as upon a glass | this
Something so exquisite I scarce can bear it
I do not think I ever could have borne it
If not for real
Make estrangement all our desires that age so
Perfect empowerment the imperfection
How indemnify a degraded legend
Lost to computing
Contumacious that I am and that now like
Poggio I | too much enjoy invective—
This for our good—so what you saw me turned on
Mind if I stress this
Breathe on my nesh eyes I am tired of sleeping
Largo ma non troppo affettuoso
Well becomes fierce Didone trionfante
Lyric oblation
As fantastic here as in those odd films we
Watched albeit singly The Tales of Hoffmann
What we must be not to be worked with mirrors
Hives of perspective
Could I have found you in a film by Ophüls
Silent resonances of glass configured
Had I but struck us off The Masque of Blackness
As it was playing
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