Antonio Porta: “Aprire”

Nell’antologia “I Novissimi (poesie per gli ann ’60)” emerge la voce decisa, già formata e perturbante del giovane Antonio Porta (al secolo Leo Paolazzi, nato nel ’35 e morto nell”89), che propone una leggibilità di tipo ben diverso rispetto alle linee dei compagni di avventura del Gruppo 63, ovverosia la collettività capace di introdurre nel cuore del Novecento italiano una proposta radicale di avanguardia, non a caso ribattezzata “storica”. “Aprire” è un poemetto composto nel biennio ’60-’61 , che apparirà nel testo omonimo tre anni dopo, per essere poi ripreso ne “I rapporti”, primo titolo di Porta edito per Feltrinelli, nel ’66. La cifra poetica di Antonio Porta, a questa altezza temporale, esprime moduli sì di avanguardia, ma anzitutto intrisi o addirittura saturi di teoria dell’inconscio e di fenomenologia, ben al di là gli automatismi surrealistici a cui spesso è stata accostata con eccessiva facilità. Qui, nel Porta dei Sessanta, la “febbre” è nelle cose e delle cose, e il soggetto stesso è cosa tra le cose, sia pure cosa peculiare, sottoposta a ripetuti flash e attraversata da un passaggio di muoni e neutrini in forma di ritmi e immagini, incalzanti i primi e crudamente erotici, fino alla fantasia sadica. Il tutto, compulsivamente battente come un disperato cardiogramma tra l’infarto incombente e la tachicardia irrefrenabile – una sorta di tiptologia violenta (in “Esercizi di tiptologia” il poeta Valerio Magrelli non a caso dedica a Porta una splendida lirica). Ossimoro e abbattimento del principio di non contraddizione: è questo il principio di realtà e di irrealtà che governa il mondo cieco e abbacinante di “Aprire”, le cui sette sezioni qui di seguito sono pubblicate. In coda alle quali, un video in cui lo stesso Porta legge una porzione del poemetto.

Aprire



I
Dietro la porta nulla, dietro la tenda,
l’impronta impressa sulla parete, sotto,
l’auto, la finestra, si ferma, dietro la tenda,
un vento che la scuote, sul soffitto nero
una macchia più oscura, impronta della mano,
alzandosi si è appoggiato, nulla, premendo,
un fazzoletto di seta, il lampadario oscilla,
un nodo, la luce, macchia d’inchiostro,
sul pavimento, sopra la tenda, la paglietta che raschia,
sul pavimento gocce di sudore, alzandosi,
la macchia non scompare, dietro la tenda,
la seta nera del fazzoletto, luccica sul soffitto,
la mano si appoggia, il fuoco nella mano,
sulla poltrona un nodo di seta, luccica,
ferita, ora il sangue sulla parete,
la seta del fazzoletto agita una mano.







II
Le calze infila, nere, e sfila, con i denti,
la spaccata, il doppio salto, in un istante, la calzamaglia,
all’indietro, capriola, poi la spaccata, i seni
premono il pavimento, dietro i capelli, dietro la porta,
non c’è, c’è il salto all’indietro, le cuciture,
l’impronta della mano, all’indietro, sul soffitto,
la ruota, delle gambe e delle braccia, di fianco,
dei seni, gli occhi, bianchi, contro il soffitto,
dietro la porta, calze di seta appese, la capriola.







III
Perchè la tenda scuote, si è alzato,
il vento, nello spiraglio la luce, il buio,
dietro la tenda c’è, la notte, il giorno,
nei canali le barche, in gruppo, i quieti canali
navigano, cariche di sabbia, sotto i ponti,
è mattina, il ferro dei passi, remi e motori,
i passi sulla sabbia, il vento sulla sabbia,
le tende sollevano i lembi, perchè è notte,
giorno di vento, di pioggia sul mare,
dietro la porta il mare, la tenda si riempie di sabbia,
di calze, di pioggia, appese, sporche di sangue.







IV
La punta, la finestra alta, c’era vento,
si è alzato adagio, stride, in un istante,
ovale, un foro nella parete, con la mano,
in frantumi, l’ovale del vetro, sulle foglie,
è notte, mattina, fitta, densa, chiara,
di sabbia, di diamante, corre sulla spiaggia,
alzato e corso, la mano premuta, a lungo,
fermo, contro il vetro, la fronte, sul,
il vetro sulla mattina, premette, oscura,
la mano affonda, nella terra, nel vento, nel ventre,
la fronte di vetro, nubi di sabbia,
nella tenda, ventre lacerato, dietro la porta.







V
Ruota delle gambe, la tela sbatte nel vento,
quell’uomo, le gambe aderiscono alla corsa,
la corda si flette, verso il molo, sulla sabbia,
sopra le reti, asciugano, le scarpe di tela,
il molo di cemento, battono la corsa,
non c’è che mare, sempre più oscuro, il cemento,
nella tenda, sfilava le calze con i denti,
la punta, ha premuto un istante, a lungo,
le calze distese sull’acqua, sul ventre.







VI
Di là, stringe la maniglia, verso,
non c’è, né certezza, né uscita, sulla parete,
l’orecchio, poi aprire, un’incerta, non si apre,
risposta, le chiavi tra le dita, il ventre aperto,
la mano sul ventre, trema sulle foglie,
di corsa, sulla sabbia, punta della lama,
il figlio, sotto la scrivania, dorme nella stanza.







VII
Il corpo sullo scoglio, l’occhio cieco, il sole,
il muro, dormiva, il capo sul libro, la notte sul mare,
dietro la finestra gli uccelli, il sole nella tenda,
l’occhio più oscuro, il taglio nel ventre, sotto l’impronta,
dietro la tenda, la fine, aprire, nel muro,
un foro, ventre disseccato, la porta chiusa,
la porta si apre, si chiude, ventre premuto,
che apre, muro, notte, porta.


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