Per autoglossare un passo del Trittico della Vallis Lachrymarum, quello che concerne il Bambino a inizio della seconda installazione, mi serve una poesia di Wallace Stevens. Questa:
inizia a percepire l’idea, efebo
di questa invenzione, questo mondo inventato,
l’idea inconcepibile del sole.
puoi essere un uomo ignorante di nuovo,
osservare di nuovo il sole in un occhio ignorante,
osservarlo chiaramente nell’idea di questo.
non serve che tu pensi a una mente inventata origine
di questa idea, né serve comporre per la mente
il grande maestro nella combustione del suo fuoco.
pulisci il sole visto ora nella sua idea,
si lava nella più lontana pulizia del cielo,
noi espulsi e le nostre immaginazioni…
la morte di un dio è la morte di tutto.
lascia Phoebus il violaceo mentire a se stesso all’ombra del raccolto,
lascia Phoebus dormire e morire all’ombra in autunno.
Phoebus è un’idea, efebo. Ma Phoebus
era il nome per qualcosa che non ne avrebbe potuti avere…
c’era un progetto per il sole e c’è un progetto.
c’è un progetto per il sole. Il sole
non ha nome alcuno, l’oro è il suo fiorire, ma può
essere nella difficoltà di essere.
[da Note sulla suprema finzione, traduzione di Christian Sinicco, lievemente modificata dal sottoscritto]
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