[Philip Roth è morto il 22 maggio scorso. Pubblico qui parte di un saggio che ho dedicato alla letteratura di Roth nei suoi rapporti con la potenza del tragico. Questo brano è tratto dal mio libro “Io sono. Studi, pratiche e terapia della coscienza”, edito da il Saggiatore]
Nella prefazione all’edizione 2007 di Blaze, Stephen King avanza un argomento di critica del gusto sconcertante: accenna a Everyman di Philip Roth [1]. Lo fa con toni esasperati e comici, accomunando il romanzo di Roth, negli effetti che produce sul medesimo King, a Jude l’oscuro di Thomas Hardy. Leggendo questi romanzi, King dice di avere alzato le braccia, esasperato, di avere chiesto al cielo che l’autore infilasse di più: un cancro ulteriore, una fulmine che scende dal cielo e incarbonisce il protagonista che soffre solamente sfortune e, cosa fondamentale per King, piagnucola sul proprio dolore. Non va sottovalutata la capacità critica di cui King dispone: il suo On writing [2] rimane per molti scrittori contemporanei di tutto il mondo un punto di riferimento, che la critica stenta a tutt’oggi a includere nel suo comparto di elezione, soprattutto per un passaggio fondamentale in cui l’autore avvicina alla telepatia la mobilitazione di fantàsmata che è implicita nella scrittura di storie, siano esse epica tradizionalmente intesa o romanzo moderno e contemporaneo nei suoi più vari generi.
L’osservazione comica e stremata di King su Everyman mette in luce almeno due elementi che mi interessano per il discorso che qui voglio fare. Intendo infatti entrare (non delimitare né configurare né esaurire) una nebulosa che è trattata praticamente da sempre da discipline le più varie, come la filosofia l’estetica la teoria letteraria e la letteratura stessa: cioè il tragico e la tragedia. In tale nebulosa vorrei rilevare la presenza atmosferica di un genere moderno, cioè il romanzo, al fine di osservarne eventuali relazioni con elementi della nebulosa stessa o, più precisamente, l’eventuale possibilità che il romanzo possa farsi incarnazione letteraria del tragico, così come la tragedia fu incarnazione, non soltanto letteraria, del tragico classico. I due elementi interessanti, nell’analisi en passant di Stephen King, sono:
- Stephen King non compie un parallelo tra Everyman firmato Roth e il bennoto dramma chiesastico medievale Everyman. Non c’è continuità, per King, tra i due testi. Ciò che avviene nei due testi è di natura differente e il prefatore di Blaze esplicita tale differenza – che è il secondo elemento interessante;
- Everyman è, per un romanziere come King, un libro in cui il pianto piange se stesso, in cui l’autore piagnucola e fa piagnucolare il suo protagonista. Il protagonista è sottoposto a manrovesci della sorte e la sua meditazione su questi manrovesci medita piagnucolando.