Se c’è una cosa italiana che non ho mai tollerato, sono quelli di sinistra o di centro – ma non missini – che ti dicono a un certo punto di una discussione politica: “Ah, Almirante però era un grande oratore”. Ciò non ha nulla a che vedere col fatto che quest’anno, alle elezioni, io voti Sinistra e Libertà ed espressamente Michele Dalai. Ha invece a che fare con una deriva, iniziata tantissimo tempo fa, che è risultata condurre all’oblio, incomprensibile e scandaloso, del reato di apologia di fascismo, che tuttora e motivatamente vige in Italia. Queste cazzate sono certamente tali, ma si sviluppano poi secondo storie e narrazioni che si fanno socialmente estese – vengono giù per li rami. Mi fa dunque molto piacere che si sommino due cazzate di questo tipo: il momentaneo successo mediatico e sociale di Facebook insieme con la presenza carsica di Giorgio Almirante, repubblichino, fascista, per nulla annoverabile tra i padri della patria (peraltro, una patria inesistente). Poiché il risultato che viene fuori da una simile grottesca osmosi è questo (cliccare l’immagine per una visione 1:1):
Che accada di leggere su Facebook che Giorgio Almirante non ha amici (una cazzata lessicale tipica del social network) bensì tifosi, fa il paio che automaticamente risulti (testuale) che
“Giorgio Almirante ha cambiato Sito Web, Sesso e Data di nascita.”
Se Almirante non è più un azzimato signore coi baffi che combattè per Mussolini, ma un transgender che si è rifatto l’anagrafe, beh, allora a qualcosa mi pare che la tecnologia serva, no? Perché a me questo fa più ridere di una celeberrima gag di Roberto Benigni, recentemente denunciato postumo dalla consorte di chi ha mutato sesso, e quindi evidentemente dal marito di Almirante, che però non può essere Giorgio Almirante, in quanto è morto e, quindi, qui non stiamo affatto parlando di Giorgio Almirante, che al di fuori delle cazzate tecnologiche era in effetti un grande oratore, uno che ha portato il fascismo all’interno di una logica democratica ed è riuscito a evitare una deriva terroristica della destra estrema (ancor più devastante di quella realizzatasi). Così disse Benigni (sotto il file audio, il testo della filastrocca del comico toscano):
Maledetta l’ora
il giorno il secondo, toh,
in cui du’ merdaioli
ti misero al mondo.
Maledetta l’ora
il giorno e l’annata
che la tu mamma ti dette
la su prima poppata.
Maledetta l’ora buia
ancor di più la notte cupa
che un finocchio ti convinse
a esser figlio della lupa
Se dovessi maledirti
poi non saprei come finirla,
maledetto sia quel giorno
che ti fecero balilla.
Maledetta l’ora
e tutto il calendario
in cui mille finocchi
ti fecero segretario.
Maledetta la persona,
che stesse sempre male,
che ti parlò per la prima volta
della Destra Nazionale.
S’aprisse la porta,
senza tu te ne sia accorto,
entrassero le mogli
di ogni partigiano morto.
Poi t’aprissero la bocca
e da maggio a carnevale
ti facessero be’ le cose
e cantar l’Internazionale.
Poi arrivasse, come si chiama,
Terracini, no, Paietta, Natta e Ingrao
ti cacassero sugl’occhi
mentre cantan “Bella Ciao”.
Alla fine vanno via,
finalmente sei contento,
ma ti piscia addosso Lama
mentre canta “Fischia il vento”.
Ti venisse un colpo,
ti venisse un accidente,
gli uomini son tutti uguali,
ma te tu sei differente.
Ti scoppiasse la vescica (tum!),
ti scoppiassero i coglion (tum tum!)
ti scoppiassero in un mese
trentatrè rivoluzioni.
Ti venisse la febbre,
ti venisse un ascesso,
ti scoppiassero in culo
tutte le bome che tu ha messo.
Ti chiavassero la moglie (ah!)
tutti i morti delle guerre,
e ti nascesse un figliolo
che assomiglia a Berlinguerre.