“Reality. Cosa è successo” sul Corriere della Sera



Inimmaginabile, eppure reale Viaggio nell’apocalisse Covid
Incubi Giuseppe Genna racconta i giorni più tragici e sconvolgenti della pandemia in Italia (Rizzoli)

Di Stefano Montefiori
[Corriere della Sera, 30 luglio 2020]

Un libro sul coronavirus, sul lockdown, su come lo ha vissuto l’Italia. Ovvero sull’argomento forse più coperto dai media della nostra epoca. Ore e ore di trasmissioni televisive, tonnellate di pagine di giornali, milioni di caratteri sui siti di informazione. In questi casi, si può scegliere un angolo di attacco, o magari lasciare sedimentare i fatti, riprenderli una volta che siano più distanti e chiari per non correre il rischio di raccontare per l’ennesima volta qualcosa che si è appena letto, visto, vissuto. Con Reality (Rizzoli) invece Giuseppe Genna si butta a capofitto, subito, nella tragedia italiana, raccontandola mentre si svolge, e riesce comunque a dare al lettore una visione unica, incomparabile con quanto è già stato descritto da altri, perché lo sguardo — e la lingua — di Genna sono peculiari, inconfondibili.

«Siamo attoniti», scrive l’autore alla quarta riga, e questa è forse la chiave di tutto il libro (e dell’opera di Genna): l’impossibilità di accettare la realtà per quel che è, lo stupore di fronte a fatti della vita ai quali gli uomini tendono ad abituarsi in fretta. In passato sono stati Vermicino, o la morte di un neonato, o più banalmente i villaggi turistici o l’estetica berlusconiana o gli aperitivi milanesi. Capiterà, se non sta già capitando, con le mascherine. Leggendo Genna si ha spesso l’impressione di averlo lì vicino, che ti prende per il braccio e ti dice «ma ti rendi conto? È pazzesco», e ha ragione, è tutto pazzesco, e questo approccio serve a scuotere il lettore quando gli parla delle biciclette Graziella dell’infanzia così come quando Genna affronta l’inaudito, cioè l’epidemia a Milano, per qualche tragica

settimana capitale mondiale del coronavirus.

Scrittore milanese, 50 anni, Genna trova nella crisi sanitaria e nel lockdown l’occasione per offrire un nuovo capitolo del racconto di Milano che egli ha intrapreso da tempo. «Una metropoli che si è glitterata nell’ultimo decennio, una pandemia del consumo veloce, il piombo reso oro atomicamente. La capitale immorale della nazione Italia, ma priva delle dolcezze italiane, disattenta e attrattiva, die

ci milioni di turisti l’anno. Produce. Produce e produce. (..) Milano a ondate elettriche si accende e la guardano le metropoli del pianeta. E adesso è buia».

Genna percorre Milano con la Vespa «male in arnese», un viaggio da Linate verso il centro che poi lo porterà negli ospedali, e tra i tossici di Rogoredo e al mercato ortofrutticolo, e nella Bergamo del sindaco Giorgio Gori, quell’uomo con «la faccia tra la faina e il perfezionismo» che gli ricorda le marionette di Gerry e Sylvia Anderson nella tv per ragazzi: «Le labbra un poco a ciliegia ma strette si muovono al modo di certe marionette in alcuni telefilm fantascientifici degli anni Sessanta, pupazzi con bocche umane filmate sovra impresse, si muovevano in asincrono, con le labbra troppo rosse e i denti in evidenza, Thunderbirds era il titolo, forse».

Probabilmente solo da Genna ci si può aspettare un passaggio sui Thunderbirds mentre racconta di Bergamo, o sulla «magrezza tiroidea» di Pietro Mennea quando affronta la questione dei runner. Ma non si tratta del solito espediente di mescolare alto e basso, di usare la cultura pop come strumento per strappare interesse. Genna sembra scrivere in stato di trance, il destino fantascientifico di Milano si compie inaspettatamente qui e ora, con decenni di anticipo, e lo scrittore reagisce raccontando quel che vede ma anche quel che ricorda, con associazioni improvvise e impreviste, costretto a guardare l’orrore con gli occhi spalancati come Alex nella cura Ludovico di Arancia Meccanica.

Reality è il racconto di un mondo che era stupefacente anche prima, e che adesso ha solamente cambiato modo di essere straordinario. C’è la Macarena cantata e ballata in modo rallentato, mostruoso, sui balconi, c’è il malato che urla insulti ai medici e «appartiene a una ben nota classe bastarda (..), la quale sta fra la cosiddetta classe media e la cosiddetta inferiore e riunisce taluni difetti della seconda con quasi tutti i vizi della prima, senza avere lo slancio generoso dell’operaio né l’ordine onesto del borghese», e c’è anche il fatto che «bisogna raccontare gli scaffali svuotati. Nessuno di noi aveva mai visto prima il fondo della scaffalatura al supermercato, era un segreto che detenevano soltanto gli addetti a riempirli». Genna sembra avere depurato la sua lingua, sempre unica ma più efficace, al servizio di un viaggio psichedelico nella realtà che tutti vedono, ma non così.

«Siamo attoniti», scrive l’autore alla quarta riga, e questa è forse la chiave di tutto il libro

“History” sul Corriere della Sera

Milano, oggi. L’alba della nuova specie.
Una mente sola: umana e artificiale

di STEFANO MONTEFIORI

History è una bambina di dodici o tredici anni, affetta da una specie di sindro-me di “locked-in”: è sveglia, cosciente, ma non parla e si muovo molto poco. Il corpo è sgraziato, sovrappeso, i capelli stopposi, la bocca contratta in una smorfia. Alterna lunghi e profondi stati letargici a momenti di aggressività incontrollata, durante i quali emette urla spaventose o sferra colpi a mano aperta contro l’interlocutore. Davanti ha i famigliari – il padre ricco imprenditore, i due fratelli che la seviziano di nascosto – e più spesso una corte di scienziati, psichiatri, tecnici, ingegneri, che cercano di penetrare almeno qualcuna delle sue tante personalità per provare a connetterla alla mente artificiale in costruzione al tecnopolo di Milano.

Qui, e nello stesso momento nei centri americani e di Canberra, Monaco di Baviera e Amsterdam, sta per prendere forma la profezia di Raymond Kurzeweil, l’inventore che dopo aver dato al mondo la macchina che legge a voce alta per i malvedenti e i sintetizzatori elettronici suonati da Stevie Wonder ha formulato la teoria della singolarità: l’umanità sta vivendo un momento cruciale, il progresso tecnologico esponenziale dell’informatica e della robotica produrrà presto un’intelligenza artificiale infinitamente più potente di quella umana. Gli esseri umani per come li abbiamo conosciuti finora sono destinati a scomparire, sostituiti da una nuova specie transumana, ibridata con le macchine.

Il romanzo «History» di Giuseppe Genna (Mondadori, 528 pagine, 24 euro) coglie questo momento storico e ne fa il pretesto per una ambiziosa cavalcata dall’Italia della fine degli anni Settanta all’«estinzione degli imperi e della mente», come si legge nell’ultimo capitolo intitolato «Beyond Jupiter and the Infinite» con esplicito omaggio a «2001 Odissea nello spazio» (il film di Stanley Kubrick più che il romanzo di Arthur C. Clarke). Idealmente, la scena iniziale nella preistoria – quella delle scimmie – che apre quel capolavoro è qui rappresentata dalla prima parte del romanzo, nella quale lo scrittore parla della fine del Novecento e del mondo di oggi, un istante prima del grande salto verso la nuova era.

L’autore di, tra gli altri, «Dies Irae», «Hitler», «Italia De Profundis» e «La vita umana sul pianeta Terra» sembra essere arrivato con «History» a usistema completo fondato sulle sue ossessioni (come la morte di Alfredo Rampi nel pozzo di Vermicino). Ossessioni, visione e stile fanno di Giuseppe Genna uno scrittore unico. A partire dalla lingua, una specie di italiano personale. Si legge una frase come «I tossici praticano l’anestesia sulle panchine screpolate verdi, caracollando da fermi, un dormiveglia salicilico che temiamo e a cui ambiamo, crepitandogli intorno con i nostri palloni troppo leggeri per essere calciati con la balistica giusta, si chiamano pallone Tele (…)» e si sa che può averla scritta solo Genna. Unico poi per quel sentimento di stupore e rivolta che attraversa la sua opera, anche e soprattutto in «History». Rivolta non tanto ideologica o politica, piuttosto psicologica, una incapacità a rassegnarsi, a considerare normale una realtà che è evidentemente sempre stata volgare, cattiva o quantomeno strampalata. Nell’Autogrill, per esempio, «la supermassa si scuote, ondeggia paurosamente, verso la zona tavolini in piedi, a superficie circolare e marrone capuccino, dove appallottolano i tovaglioli brandizzati da bar, fatti con una carta pellicolare repellente, che non netta, non assorbe».

Niente ha senso, non ha mai avuto senso, Genna ne è più stupefatto che infastidito, ma l’avvento della bambina «difettata» come profeta e strumento della mente artificiale che porta «oltre Giove e l’Infinito» viene accolto con un certo sollievo. Una liberazione, se non altro dall’assurdità. Ripercorrendo la Storia, non poteva che finire così.

Non è un romanzo di fantascienza, se non nella conclusione, perché vengono descritti esperimenti e studi sull’intelligenza artificiale a noi già contemporanei, effettuati per esempio da Roberto Cingolani all’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova. Genna osserva la realtà, e la realtà oggi è fatta di uomini che si ap-prestano a compiere «il salto di specie» – e meno male – nel tecnopolo ospitato nel palazzo Mondadori a Segrate, «con il suo stile Brasilia nel Comasco». «La mente l’avevano replicata qui nella carta per i decenni, i trascorsi, gli editoriali costruivano qui una mente di carta. (..) Vivevano qui a migliaia, molte ore giornaliere. Tagliaincollavano, con le forbici, con le immaginette, per le riviste con allegati, (..) migliaia a lavorare questi testi di informazione piacevole. Era il palazzo del più grande editore italiano».

La bambina History affetta da «terrore panico costante» perché ghermita dalla «trista figura», l’uomo nero delle favole, finirà per essere portata dal padre in Québec, in quel che sembra un riferimento di Genna allo scrittore francese Maurice G. Dantec, morto l’anno scorso a Montréal e visionario autore di «Babylon Babies». Per lo sguardo su un’umanità in bilico e la passione per i dettagli della società contemporanea – siano essi il telefono «bigrigio» dei nostri genitori, il pallone Super Tele, certa permanenza dell’estetica (e non solo) fascista, la festa di Halloween o il grattacielo milanese Bosco Che Sale – il romanzo «History» può ricordare anche il Michel Houellebecq della «Possibilità di un’isola». Ma se là lo stile è scorrevole, Genna osa una prosa fluviale, un linguaggio inaudito e drammatico, adatto a raccontare la fine del mondo.

NB. Il primo articolo su “History”, a due giorni dall’uscita, lo firma Stefano Montefiori, in apertura delle pagine culturali del Corriere della Sera. E’ una ricognizione vertiginosa e precisa, che intercetta i nuclei generativi del libro, cita il testo con precisione che mi impressiona, coglie il dato storico e metafisico verso cui ho tentato di dirigere la scrittura. Mi sia permesso qui di ringraziare Stefano Montefiori e la testata, oltreché le persone che si stanno occupando della comunicazione del libro, Valeria Frasca, Isabella D’Amico e Patrizia Renzi.

Corriere della Sera: Stefano Montefiori su Italia De Profundis

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Rassegna stampa e materiali
Anticipazione sul blog Il Miserabile
Ipertesto della Scena italiana come inferno
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Videomeditazioni: La storia non siamo noiStoria di fantasmi
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Esplorazioni – Il nuovo romanzo è un precipizio in una decadenza condivisa: personalle e collettiva
Genna: bestiario d’Italia, me compreso
Dalla morte del padre a “Un posto al sole”: ritratto doloroso ed esilarante
di STEFANO MONTEFIORI
[da Corriere della Sera – versione cartacea, 23.12.08, pag 45]
frecciabr.gif La versione jpg dell’articolo su IDP [435k]
In questo romanzo l’Italia è centrale, e l’uomo Giuseppe Genna lo è ugualmente. I racconti delle decadenze di entrambi sono – in modo più spesso doloroso, talvolta esilarante – necessari l’uno all’altro, compenetrati e inscindibili. Già dalla riuscita, violenta copertina di Riccardo Falcinelli, l’urlo dell’Italia moribonda, spacciata, supera l’ormai consueto fastidio per i pantaloni a vita bassa, o per i gusti musicali dozzinali. Italia De Profundis va oltre (…).
La miseria sessuale e sentimentale di Genna, e dell’Italia, ricorda nei momenti più cupi lo Houellebecq di Estensione del dominio della lotta, ma verso la fine del romanzo induce al riso, prima della tragedia conclusiva (…) [CONTINUA]
[Nota di Giuseppe Genna: quando ieri ho spalancato il Corriere della Sera, sono allibito davanti alla mezza paginata, all’illustrazione e alla foto dedicate a IDP. Desidero ringraziare moltissimo il responsabile delle pagine culturali del Corriere e l’estensore dell’articolo su Italia De Profundis: mezza pagina su un libro di questo tipo e una recensione tanto bella davvero non me le aspettavo. Grazie! gg]