
Novembre 1986, sulla rivista di poesia e teoria e pratica letteraria “Scarto minimo”, di cui il poeta Mario Benedetti ( nella foto, a sinistra) è redattore insieme a Stefano Dal Bianco e Giulio Mozzi e Fernando Marchiori, il futuro autore di “Umana gloria” affronta uno dei suoi padri putativi contemporanei, Milo De Angelis (a destra), che ha appena pubblicato la raccolta “Terra del viso” presso Mondadori. Ecco l’intervento critico di Mario Benedetti.
“e la vita regna, sola, certo, sola, ma non orfana” è un verso del 1978 di Milo De Angelis. La vita regna priva di origine e di fine ultimo, e la condizione dell’uomo è quella di una solitudine senza giustificazione e senza compensi. Ma così facendo questa poesia allontana da sé un grande tema come quello dell’Assenza e sentimenti ad esso legati come la nostalgia o il rimpianto. Ma anche non permette che la vita si offra in quella catena incantevole delle rappresentazioni, di holderliniana memoria, che è la catena sintattica: l’esaltante continuità di affermazione del mondo, di noi stessi nel mondo.
Nei testi di De Angelis, le infrazioni avvengono nel rispetto della parola, unità di significazione come elemento irrinunciabile di una Norma linguistica entro cui l’uomo comunica, anche all’altezza della dimensione estetica, e vive, ed inoltre di una relazione congrua all’interno del sintagma e della frase. Ad esempio, la non concordanza della persona (la sequenza non finalizzata delle frasi poiché esse hanno soggetti diversi per cui il compiersi dell’azione sembra differito e spostato) o la non concordanza di tempo (l’uso si potrebbe dire arbitrario dei tempi in una stessa frase complessa) sono figure che creano perplessità circa una presunta oggettività del referente senza però accanirsi a negarlo (eventualmente con un’alterazione della continuità fonica e grafica o con un’eccessiva sconnessione sintattica). Esse provocano, nel momento in cui impediscono all’atto linguistico di compiersi con interezza ed univocità, una instabilità del piano della significazione. Ed arrivando al dunque, lì trova espressione il tema della solitudine non orfana.
Anche il procedimento paratattico serve poi a precisare questa condizione. Nella giustapposizione emerge infatti la caratteristica di necessità ed insieme di superfluità del nostro stare al mondo, ha luogo l’“esatto sentire di un cervello / senza più terra”.
“ Materia che / fu soltanto materia, nulla che / fu soltanto materia. Vegliare, non vegliare, poesia, / cobalto, padre, nulla, pioppi.” è scritto in Terra del viso (1985).
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