Pino Tripodi: “Intelligenza autonoma di specie” – Un nuovo lessico della Rivoluzione

Intelligenza autonoma di specie (edito da Milieu, 17.10 euro, è acquistabile a questo link) è un saggio che brilla nella costellazione Pianetica, delineando concetti e parole adatti al tempo dell’intelligenza cosidetta artificiale, oltreché dettando prospettive rivoluzionarie in un mondo che si sta rivoluzionando da sé contro l’umano.
Nell’emersione dell’istuituto teorico e applicativo dell'”improprietà” e in quella del “macchinismo sostitutivo”, mentre la politica crolla nella sua insufficienza e una disciplina più vasta e organica considera il pianeta come spazio minimo per pensare e condurre l’esistenza in virtù e in capacità di discriminare giusto da buono, noi stiamo vivendo il primo momento storico in cui l’umanità si dimostra capace di una coscienza di specie. E questa prima volta accade proprio perché rischia di essere, se non si dà un’opportuna rivoluzione, il momento in cui la specie perde esattamente la coscienza, poiché la specie stessa va a un processo di estinzione, più che di trasformazione.
Intelligenza autonoma di specie conta di 176 pagine, che potrebbero estendersi, capitolo per capitolo, in una serie di nuovi “Analitici”, tutti contemporanei: il superamento della politica, i primati del pianeta e l’insorgere dell’Intelligenza Autonoma, quale spazio di vita e creazione del nuovo, dell’invenzione, della specificità universale.
Ne è autore Pino Tripodi, il quale è filosofo e prosatore, in uscita a giorni con un libro ulteriore (si intitolerà Sindrome paradiso), narrazione poematica che si specchia in questo presente saggio, in questo manifesto per pensare in autonomia e diffondere sia il pensiero sia l’autonomia.
Qui di seguito, sotto la copertina, qualche riflessione personale intorno a questo manuale d’uso del contemporaneo e del futuro sempre.

La specie sta arretrando? Evolve? Devolve? E’ la specie con la sua storia, con la sua vicenda in cui si nascondono nell’ombre le infamie e le glorie di uno sviluppo insensato e tragico, angelico e brutale, sublime e marchiano?
Così sembra suggerire l’immagine, in quell’atto materico che è la copertina di Intelligenza autonoma di specie, titolo che è sì titolo ma anche non lo è o, meglio, non lo è del tutto, poiché si specifica, sotto di esso, in qualcosa che non è del tutto un sottotitolo, che in questo libro si avanza e si tratta un nuovo lessico della Rivoluzione. “Rivoluzione” in maiuscolo: tale appare il sostantivo più ambiguo e periglioso del libro che – non sfugga questo fatto – ancora dobbiamo aprire. E, se Rivoluzione è parola in maiuscolo, invece nome e cognome dell’autore, titolo e semisottotitolo au contraire si leggono soltanto in lettere minuscole. Cosa sarà dunque questa Rivoluzione, tanto eccessiva e totale da rendersi maiuscola, cioè da staccare graficamente tutto il resto? Persino quella traccia meschina che è il nome dello “io” che avrebbe pensato e scritto e pubblicato il testo, persino quella traccia, che oggi sembrerebbe l’elemento più importante e maiuscolo, viene segnalata in minuscolo… A complicanza ulteriore del tutto, l’articolo indeterminato relativo al lessico della Rivoluzione è in corsivo: si tratta infatti di “un” lessico, laddove la specificità di tale lessico è così potente da meritare uno stile peculiare, cioè appunto il corsivo, il quale sta lì a indicare come ciò che è minuscolo sia degno di un’attenzione assoluta.
C’è da fare attenzione, perché così, tramite quella funzione inesplicabile di coscienza che è l’attenzione, la specie si annuncia al mondo se stessa e si innalza nelle tenebre sulfuree di un pianeta che da subito è il pianeta – il pianeta d’origine, che in breve diventa il suo pianeta: la specie si annuncia con l’esercizio dell’attenzione e il testo ne è il repositorio, il sacrario che prende in custodia e si incarica di esprimere proprio l’attenzione, funzione immateriale che viene tradotta in unità di codice alfabetico. E le macchine non faranno forse la stessa cosa, quando saranno definite “intelligenti”? Lavorano in un sacello dove si depositano le possibilità di senso utilizzabili con un codice, al momento binario, sì e no, così come la dualità, io e mondo, fa l’umano gregge…
Parrebbe così. Il forse e il pressapoco indeterminano la storia. La generalità universale di ciò che è accaduto e di ciò che accadrà non fa che alimentarsi di disconoscenza, di ignoranza per esclusione, di abbassamento a puro mito tossico, che è quella favola che si dice origine e quell’altra che individuerebbe la fine. E quale atto sarebbe iniziale? E quale, invece, finale?
Se ammettiamo queste vaghissime, ma determinanti, premesse di zona al pensiero che circola e spira sul fenomeno essenziale umano, possiamo procedere con cautela parola per parola, capitolo per capitolo. Possiamo capitolare. Col libro, possiamo librarci.
L’autore di Intelligenza autonoma di specie infatti rivoluziona anzitutto ciò che il libro fa, vale a dire il discorso. Lo rivoluziona, anticipandolo. Inizia il testo con un prologo, ma, di nuovo, il prefisso “pro” è in corsivo: non è soltanto una premessa al discorso, bensì un contributo a favore, pro, e specificamente pro bono, che viene proposto al logos, al discorso. E infatti l’incipit, che non può essere affatto incipit in quanto l’inizio di un prologo non è l’incipit di un libro, consiste in un’apparente semplice domanda:

“Quanto tempo è passato dall’ultima rivoluzione?”

… Già, se fosse semplice stabilire tutto questo: quanto, e poi il tempo, il passato e dunque non il futuro, ciò che è recente e ciò che non si ripeterà in quanto è “ultimo”, e, infine, ab initio: la rivoluzione…
Quando è stata l’ultima rivoluzione, se stiamo vivendo in questo istante, in questi giorni carichi di storia che supera la storia, una rivoluzione che emerge dal futuro?
Domandarsi in questo modo cautissimo, parola per parola, quali siano le implicazioni e le esplicazioni del testo, non è di un esercizio di ermeneutica vana o accademica, di interpretazione alla francofortese o alla francese. Qui siamo noi, soli, davanti a un testo. La capacità di testualizzare, cioè di lavorare a un vero testo e di leggere un testo e di reggere un testo e di avvertire la decisività esistenziale che si gioca in un testo all’altezza, pare essere in questo momento la vittima, nemmeno sacrificale, del tempo in cui le macchine testuali emergono con la propria autonomia, pur dipendendo in tutto dall’umanità. Il testo pesa all’umano. Non crede che in un testo sia vita, fontale, sorgiva, decisività per comprendere il mondo, per potenziare le capacità e le tecniche. Sono migliori lettori gli LLM delle A.I., modelli automatici estesi in linguaggio, caricati di miliardi di testi, da cui, tramite teorie, le quali sono peraltro entità testuali, ricavano l’apparenza di ragionamento umano. Ma certamente esprimono un pensiero in autonomia, ed è un pensiero che non è affatto detto che sia umano o minerale o cosmico. La specie umana – questo afferma la macchina implicitamente, senza nemmeno ricorrere alla pronuncia di una parola – non è l’unica tenutaria del crisma del pensiero. Il pensiero umano è anche non umano. Il cervello rettile è anche corticale e pure neurale secondo la geometria lineare dei multiserver, in cui si allineano e allignano le cosiddette reti neurali artificiali.
Ma non si tratta nemmeno di questo: non si tratta soltanto dell’intelligenza artificiale o, per dirla più competentemente, del macchinismo sostitutivo, che tale è perché risulta proteso a occupare alcune funzioni di specie, cruciali prima del grande salto che il fenomeno e l’essere umani stanno compiendo.
Non si tratta, va ripetuto, soltanto di questo: si tratta invece di tutto. A cominciare dall’ultima e prima lettera dell’alfabeto, dall’ultima e prima parola vergata sul dizionario delle idee che svaporano quando sono completamente apparse e ancora non sono pronte alla scomparsa: e quella lettera e quella parola sono la storia. Ogni lettera, un codice di storia. Ogni lettera da legarsi alle altre, o da coincidere con se stessa, provoca l’accensione linguistica, la sequenza di lettere iniziali e di quelle successive, quindi del prima e del dopo, dunque la tassonomia e l’ordine disordinatissimo e inordinabile della vicenda che chiamiamo storia, ovvero della storia storica.
E cos’era poi questa storia? Era l’aria. L’aria che si respira in un periodo, l’atmosfera, le sensazioni e i consci collettivi e i misteri individuali che divengono cifra dell’epoca, quell’epoca che, con una metonimia che costituisce in pratica un atto omicida, si chiama tempo: e non è affatto tutto il tempo, ma quel tempo, quegli anni, quel secolo, quel ciclo – il tempo delle rivoluzioni e delle reazioni alle rivoluzioni e delle involuzioni e delle restaurazioni, che mai sono riuscite completamente a restaurare…
In questo scritto recensorio non sono ancora state stese parole sui capitoli del libro. Eppure, e per davvero, si sarebbe già detto tutto. Però manca tutto. E’ davvero troppo, il tutto. Persino il troppo è troppo. Non lo si riesce a ricondurre a ragione. Per cui qui si assume una direzione, ovverosia si decide dove e come andare attraverso questo libro, per chi scrive tanto decisivo, per chi vive forse utile. Andare andando: si fa così, si attraversano così il mare, la foresta, i cieli, i deserti, il cosmo profondo, i buchi neri perfino. Si tratta dunque di attraversare le meno che duecento pagine in questo modo: seguendo un ordine. L’ordine in questo caso è davvero sequenziale e temporale. Si misurerà il fatto che nessuna sequenza è lineare e che il tempo è eterno che trapassa se stesso. Si attraverserà di capitolo in capitolo, parlando del capitolo con parole scritte. E parlando del libro. Dell’aria del tempo. Delle prospettive e delle molte filosofie che sono qui comprese e compresse, in un libello che soltanto in apparenza è tale, cioè un libro sottile, perché potrebbe enfiarsi, espandersi, colonizzare un’infinitudine di pagine.
Quindi si farà così: qui di seguito, ecco l’indice del libro, cioè l’argomento generale di ogni capitolo. E via via, a tempi irregolari, secondo quanto l’esistenza e la mente permettono, verrà su questo sito pubblicata un’esposizione personale intorno a quel tema, a quel capitolo, a quel movimento del pensiero, a quella rivoluzione delle pagine. Ecco l’indice, che indica sempre se stesso prima che la luna, poiché l’indice è sempre più interessante della luna:

  1. Prologo. Prima del discorso
  2. Superdio
  3. I.A.s.
  4. Dal capitalismo al macchinismo
  5. La politica contro il pianeta
  6. Popoli carnefici delle popolazioni
  7. La violenza delle cose contro la violenza delle persone
  8. Politica regno della guerra perpetua
  9. Quale crazia per quale demos
  10. Essere divenire dell’uguaglianza
  11. L’animale urbano
  12. Europa mundi
  13. La danza immobile tra seismo e noismo
  14. Spazio del sé spazio del mondo
  15. Il fuoco oltre le ceneri del mondo

Ogni uomo e ogni cosa non contengono forse come dei piccoli e invisibili semi di tutti gli elementi, essendo però sia l’uomo sia la cosa dominati da un certo tipo specifico di semi, i quali ne determinano la qualità, l’unicità, la vocazione? Forse è possibile ammettere che le cose non nascono né periscono, ma piuttosto si mescolano e si separano? La cenere è il risultato di tale separazione, la cenere è una forma che questa seminagione assume, pur mantenendo la propria essenza, la propria essenzialità. Facciamo l’esempio di un legno: nel legno sono presenti semi di fiamma, cioè potenzialità del fuoco, il quale viene evocato e acceso dalla fiamma che si avvicina al legno e, per riscaldamento, scocca e da potenziale si fa fuoco attuale, esso stesso fiamma che brucia – e così accade per il fumo e così per la cenere e, quando il legno brucia, quei minuscolissimi semi di potenzialità si separano e si ricombinano e si manifestano nelle forme diverse.
E’ precisamente ciò che accade a pensare e scrivere e leggere un libro.
E non pare forse anche il processo descrittivo con cui funziona un’intelligenza artificale? Si considerino i data center, gli immani falansteri progettati appositamente per l’elaborazione di modelli di I.A. e dove si allocano gruppi di server interconnessi, che vengono utilizzati per addestrare reti neurali di grandi dimensioni. Si parla addirittura di hyperscale data center – data center giganteschi usati dalle grandi aziende tecnologiche. Questi edifici abnormi, queste architetture dell’immane, risucchiano aria e acqua, occupano e risucchiano pure la terra, e, dentro quei reparti del mostruoso, i calcolatori si accendono con il fuoco. Tuttavia, appena sono costruiti, appena sono edificati, i data center risultano già sorpassati dal futuro che hanno contribuito a spalancare.
E questa sarebbe una punta di nero diamante con cui si stride contro e si fora il vetro da cui si osserva, nudo e troppo carico di abiti storici, l’essere umano, piegato e piagato dal suo stesso peso – poiché noi che osservavamo diorami siamo ora i diorami dietro il vetro. Di chi è lo sguardo che ci osserva, ci soppesa e ci valuta?
E’ scritto infatti nella quarta di copertina del libro:

L’intelligenza artificiale distruggerà l’intelligenza umana? Come evitare la trasformazione degli umani in macchinidi? Quali saranno le rivoluzioni del futuro? I concetti e le forme delle rivoluzioni scientifiche, sociali e politiche del passato sono sfiniti per sempre? Politica, capitalismo, democrazia, guerra, potere, spettacolo, Occidente, popolo, uguaglianza sono ancora categorie fondamentali, idee di mondo all’altezza del salto di specie in atto nell’umanosfera? A queste domande, il testo risponde in modo originale e urticante, non limitandosi tuttavia alla critica, al lamento e alla frustrazione, ma abbozzando puntualmente nuove teorie pianetiche, progetti creativi e concreti, soggettività postpolitiche. Intelligenza autonoma di specie, con le sue 56 tesi che costituiscono il cuore del testo, è una filosofia dell’esistenza, una proposta radicalmente alternativa a quella propinata dal macchinismo imperante, il Superdio che pretende di ridurre il Pianeta a cenere, algoritmi e idiozie.

In tutto questo, alcune moltissime domande potrebbero introdurre a qualsiasi discorso prossimo venturo intorno a Intelligenza autonoma di specie.

Cosa è valore? Cosa è denaro? Cosa è uso? Cosa è proprio? Cosa è improprio? Cosa è l’istituto della improprietà? Cosa è intelligente? Cosa è autonomia? Cosa è specie? Cosa è rivoluzione? Cosa è una cosa? Cosa è artificio? Cosa è automatismo? Cosa sostituisce cosa? Cosa è politica? Cosa è pianeta? Cosa è la pianetica? Cosa è economia? Cosa è bene? Cosa è dio? Cosa è un dio super dio? Cosa è che accomuna e che distingue? Cosa è filosofia? Cosa è genere? Cosa è dispercezione? Cosa è collettivo? Cosa è individuo? E uno? E molti? E così, anche, ascoltate un’ulteriore domanda… E poi un’altra domanda e un’altra ancora e una ulteriore e una forse un’ultima, sì, un’ultima domanda…

Attraversando nei prossimi interventi questi temi si cercherà di rendere il giusto al libro.


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