Lavorando su “Io sono”, saggio di terapia della coscienza

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Dopo tanto studio, anzi più pensamento che studio, anzi più silenzio che pensamento, inizio la stesura effettiva del saggio. E’ un lavoro che, a partire da certe esperienze di ordine metafisico, impegna psicologia, clinica, neuroscienze e filosofia. Si intitola “Io sono – La terapia della coscienza” e sarà edito da il Saggiatore nella primavera 2015. Non so se riuscirò a rispettare la consegna a fine giugno e, quindi, l’uscita in libreria, che è prevista per ottobre. Tutt’al più si esce a gennaio. Si tratta in assoluto del mio libro più difficoltoso. Questa è la scheda per il copertinario destinato ai librai e vale come quarta di copertina:
«Uno spettro si aggira per l’occidente: è l’attività della coscienza, che sfugge da sempre ai tentativi di definizione da parte della fisica e delle discipline psicologiche o neuroscientifiche. E mentre sembra entrata in crisi la teoria e la pratica della terapia interiore, sempre più schiacciata dal predominio della cura farmacologica e dall’esplosione in una miriade di discipline specialistiche, termini come “consapevolezza”, “presenza”, “attenzione” – tutti legati alla costellazione della coscienza – stanno orientando profondamente teorici e operatori della psiche. Partendo dalla centralità del “fenomeno coscienza”, questo saggio avanza una proposta, anche clinica, che ridefinisce l’idea stessa di terapia e di spazio psichico, con i suoi nodi, le sue emanazioni, le sue latenze. Trauma, sintomo, tragedia, conflitto, simbolo e sé vengono interpretati alla luce della tradizione metafisica, che è anzitutto una pratica interiore della coscienza, un processo di guarigione e di evoluzione, una sintesi operativa. Attorno al minimo comune denominatore della “sensazione di essere” vengono a incontrarsi il Vedanta, Platone, il De anima di Aristotele, Freud, Bion, , Winnicott, le più recenti conquiste delle neuroscienze e la “psicoterapia senza l’io” di Epstein. Illuminate dalla prospettiva di una “metafisica terapeutica”, Kafka, Melville, Burroughs, Lovecraft e il loro personaggi letterari diventano figure di una pratica “coscienziale e realizzativa”, che unifica e va oltre l’illusione dell’io e della sua legione di forme in conflitto tra loro.»

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