Resto sorpresopiù che mai dall’avidità egoica dell’autore italiano medio e non medio e non. E’ un fiorire di sporgimenti dal balcone, forsennati, senza nemmeno avere assunto mdma: stai attento, ché cadi. Allora vanno, il Salone, hai sentito qualche parere sul mio libro che esce tra settimane?, facciamo incontri fintamente prestigiosi ma affollatissimi, manda duecento copie a duecento persone che ti dico io e vedi che escono dodici recensioni firmate da loro e io le ringrazio con delle mail che non ti dico, a che posto sono della Nielsen, quante copie ho venduto?, ho venduto tantissimissime copie, guarda quant’è figa l’amica di quello scrittore e che bel cagnolino ha nella borsa, fammi protestare contro la Siria o l’Ecuador, dài, hai visto sulla lettura?, mastrantonio dice che raimo sa che pascale con piccolo e trevi ha pigliato tutto il Corsera e stanno nella manica di debortoli ma adesso stanno nella mano di Lucio Fontana!!!!!!!,!!, ti piazzo un progetto sul web rivoluzionario che è un amore, so fare le parole incrociate e datemi il privilegio dell’essere saputo da tutti e probabilmente sono anche un poeta magari non ottimo ma buonissimo sì, calcolo i libri, dov’è lo strega campiello mondello bello e che fatto e lì presentami altrimenti non sai che ti faccio io, questa presentazione è fatta in assenza di me e come si permettono!?, tutti quelli di Rizzoli mo’ vanno a Segarte ammesso che non li licenziano prima di andarci ihih, disumanità varia, mio nome, mio nome, mio nome, disumanità varia, totale, assoluta, nondualistica, metafisica, cattolica, veteromarxista. Gli “autori”, gli “autori”, gli “autori”… Quanti autori conosco che non sono messi sotto il bastio della cogenza del loro “io! io! io! io!” e quindi scrivono ciò che è puro, nitidissimo, nella precisione, nell’assenza di forma: i monocromatici chi sono? Essenzialmente due, ne conosco: uno è poeta, l’altro anche ma scrive le parole di fila. Entrambi dicono di se stessi l’incredibile e questo è segno che non c’è cogenza dell’io, non dico che non c’è io, ma proprio che non c’è cogenza: la poetica non è necessitata e nemmeno è pensata strategicamente, magari all’interno. Semmai è sorvegliata, cioè vista acutamente, acutissimamente. Due. Non di più, ne conosco. Almeno sappiano gli autori cosa sento e penso di loro. E’ imbarazzante, vero? Sì: è imbarazzante.
[nella foto: Marcel Proust e Franz Kafka, in occasione del loro unico incontro nel sanatorio di Boulogne-Billancourt, nell’anno della laurea dell’autore di “Amerika”]
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