A BookPride 2018, presso il Base a Milano, sotto la direzione di Giorgio Vasta, ovvero uno degli scrittori più decisivi in questi anni italiani, intervengo in tre occasioni:
ancora domenica 25 marzo alle 19 presso la sala Marple, per una discussione con Alessandro Zaccuri e Gabriele Dadati su “Il male dei viventi”, ovvero sui complessi rapporti tra letteratura e male.
Ho vissuto venerdì il momento più alto ed emotivo della mia vita intellettuale. Si è trattato dell’incontro a tu per tu con Don DeLillo, a Roma: una conversazione su “Zero k”, il suo più recente romanzo, edito in Italia da Einaudi, per la traduzione di Federica Aceto. Sono stato con lui una quarantina di minuti: tra i più intensi della mia esistenza. Domani l’intervista, che è anche un reportage eterodosso, esce nella sua prima parte sul web di CheFare. Adesso mi metto a scrivere il tutto. A domani.
Recentemente ho allestito una pagina sul tema della singolarità, dove sono aggregate diverse fonti da Twitter che si prefiggono di comunicare i risultati e le ultime notizie di quella che è accelerazione tecnologica: il segno fondamentale dei nostri tempi occidentali. Che la singolarità e l’accelerazione siano anzitutto tecnologiche, non ci piove. Tuttavia mi pare di vedere che, almeno in Italia, siano in pochi a interpretare queste potenze in emersione anzitutto laddove esse si esprimono: nella totalità della vita umana sul pianeta Terra. Utilizzo questa espressione, perché è il titolo dell’ultimo mio lavoro narrativo, il quale verteva proprio su questo punto, che ritengo cruciale: è necessario, se non pensare, almeno accorgersi della totalità che viene emergendo con l’accelerazione. E’ un tema che seguo da anni, ma sono convinto che soltanto dal 2010 si veda in modo storico ed effettivo: si va a un salto, la vita e la storia vanno a un salto: l’umano va a un salto.
Segnalo qui un mio intervento intorno a futuro, accelerazione tecnologica e umanesimo sul network CheFare. E’ il secondo di una serie (il primo era questo). Non so come ringraziare i responsabili di CheFare per l’invito e l’occasione. Per me la militanza culturale si traduce, in questi anni, soprattutto nell’impegno a pensare forme e modalità rispetto al tema del futuro che è collassato nel presente. Il fatto che mi venga offerta una sede per questa militanza, davvero, innesca in me una gratitudine immensa. E’ in questo incrocio che si dà la percezione del politico, dell’economico, dell’artistico, del biologico, del filosofico che già c’è e sta per deflagrare in forme quantitativamente più visibili e, a mia detta, spesso drammatiche.
Tutto va a trasformazione, ad autotrascendimento. La storia impenna in modo non del tutto umano, se per umano teniamo presente ciò che è stato percepito nei secoli passati. Però forse l’umano era proprio un’altra cosa e non lo si era visto in modo univoco e certo. Adesso tu, che leggi qui, non puoi non vederlo. Leggete, finché ancora sarà questione di leggere, in quanto, come scriveva Burroughs: la parola cade. Ecco: è già caduta.
Su cheFare c’è un mio intervento sull’ideologia odierna della “innovazione culturale”. Bisognerebbe scrivere un saggio, piuttosto complesso, circa la trasformazione radicale di paradigmi che comporta una certa accelerazione della tecnologia, che non può più evidentemente essere considerata unicamente un fatto tecnologico. Come prevedibile e di fatto previsto, si entra in contatto con una sostanza umana assai differente, rispetto a quanto certe anime candide novecentesche nemmeno intuivano, ma propalavano come un automatismo. Mi limito in questa sede alla semplice constatazione che il futuro non è più futuro: è presente – è uno smottamento interessante e coinvolgente, nel senso che ne siete interessati e vi coinvolge.