Ineffabile, uno, indivisibile, senza;
eppure ognidove sempre
Effusioni di colori immani in nubi osservate tra bolle di gas iridescente dalla macchina Hubble
Deserti cieli, non-praterie
Rivolta dei corpi solidi prima del riassorbimento
“Sa, dunque, che quando le bolle si sgonfiano o esplodono, raggiungono quello stadio detto scientificamente di schiuma indifferenziata”
E disse il manichino nella discarica dei crash test alla domanda chi fosse lui: “Io sono il vostro futuro”
E con i piccoli occhi affondati nel grasso e mobilissimi guardava dalla finestra gli alberi che
Infallibile come la bestia ricoperta di occhi ciao
Un prete-teschio-danza
In quale modo, ad esempio, possiamo trascendere il pensiero individuato?
Ridere, sì che si rideva. Pure con le penurie e le scomodità, la gente aveva bisogno di trovare i propri assi in quel gruppo di individui, che vivevano solo per la pazienza di imitare cose che neanche conoscevano. Le creature.
Ma io non risi.
E’ questa la figura della notte: un uomo
E sotto il tavolo, sul legno del pavimento, dobbiamo passare la morte
Iniziazione agli angeli: insenzienza
Annero io il tumulto delle nubi, il buono che rabbuia: ora oceanica
Era l’ora oceanica là
Soluzione delle istanze
Adesso bisogna parlare di quelle proteste che già mi pare di sentire levarsi contro di me come se tutti fossero d’accordo nel criticare questa mia affermazione
Un giorno Tracalo parlava nella basilica Giulia davanti al primo tribunale, mentre erano riuniti, come di solito accade, tutti e quattro i tribunali, e da tutte le parti si levò un grande clamore: eppure mi ricordo che egli fu ascoltato, fu compreso e fu anche applaudito da tutti e quattro i tribunali, che grande offesa per gli altri avvocati!
Forlanini parco pomeridiano all’assolata assenza di una qualunque danza votato fu io, corpo arrotolato e statico nell’erba grigia, l’uomo agostano, la camicia azzurra con le maniche alzate, arrotolate a mostrare il gomito magro, vidi nello specchio d’acqua stagna ogni me, mancando
Obsoleta finzione: quella!
Pagine di illustrazioni, polvere sospesa, ecco i giocattoli
Opposti inerenti fecero il tutto, madre, tu ora comprendi, la amorosissima madre
Una forma sul lato di un colle
La mia casa è mutata un poco al sole: la morte secca di guano tra le assi e la ruggine alle ringhiere, incancrenita la finestra nello stucco e si era crepato. L’erba in condizioni di ottusità, le sue forme consanguinee sono opposte e inerenti
Ero stato l’uomo del pensiero. Vidi il cielo e il gigante del cielo
Le scoperte si sono imposte all’uomo
Notte, finestra profilata sulla parete bianca al buio per la luce che dal cortile penetra ed è flebile: stagliata l’ombra di un grande uomo in piedi e fermo, che osserva dentro. Voltandomi, io mi accorgeva che non vi era uomo alcuno
Chi mi salva?
Io sono come un reticolato vivente
Mentre la figlia è un rimasuglio misero ma almeno sicura di sé
Il teatro dinoccolato al parco della mediocrità assassina
In piedi nel girello come bambole ariane con uno sguardo già saccente, giallo
Ordigno la vista
Altri in deriva, lontani assai, oramai, lontani e l’inverno è lavato via, e bene: un altro ne segue
Stringhe di oceano, carta d’argento investita a tratti dalla luce, striscioline, cartilagini di acqua
I grandi innalzamenti che furono la rabbia semisolida della terra alcuni esordi
L’esordio era un esodo sempre per coloro che furono detti – furono detti…
Il movimento è di discesa
Porta aperta, desolata
Entrando si trovava dietro il tavolo appoggiato a un mucchio di calcinacci una donna anziana e silenziosa, assorta in sé, canticchiava
Bambini stati
Le, oh!, configurazioni: le configurazioni! E’ questa – capite? – la lotta: noi abbattere dobbiamo la configurazione che è qualunque
Qualunque cosa
Di difficile lettura si sorregge
Il paradosso degli oceani è identico a quello animale
La preziosa, non indefinita ricerca delle cause di una tale cecità
Giungerà a un termine, presumiamo, l’attitudine all’umano, al qualunque e sempre
La presunzione della mente è qualificata dal diniego dell’essere essa stessa la natura, ritenendo che la pietra o il crocchio di rami secchi siano idioti, mentre essi stessi sono
Crimine lanciato a essere retto dal suo arco spallare
E così all’infinito
Il salto fuori da qualunque infinità è misterioso e però è certo: esso è rosso
L’impulso della paternità non è ovunque
Il sole non feconda la terra: la scalda
Ne siamo convinti dai nostri sogni. Ogni sostanza è incerta. Anche la sostanzialità delle cose neutre
Impurità dell’esercizio di immaginazione
Il crimine dell’oracolo
L’ascolto dell’occulto, una lingua sottile di fuoco ti lambisce dolcemente i lombi e tu cedi a quello che è un piacere
I vizi e le virtù che i tempi configurano
Avere la paura
Saremo attraversati da qualcosa.
Già lo siamo.
Cosa?
Nelle alte vette del pensiero non si pensa, si è alle fondamenta, l’aria manca, l’ossigeno è nemico all’immagine se scatena la sua potenza: la penuria
Camminavo senza neanche osservare l’orizzonte piatto, la boreale e la Croce del Sud, lo sguardo stesso intirizzito anzi, stolido, era una stalattite, io una stalagmite, finché non giunsi al punto magnetico che tanto aveva agitato i miei sogni e avvertii la voluta intensità
Fermati
Inutilità degli accenti, degli ictus, della ritmica di questo trascinarsi bastardo della bestia universale, che con tutte le mie forze rabbiosamente impreco: tu, Cratore, mi hai lasciato solo!
La disperazione di Edmund Husserl, come testimoniata dall’epistolario
Una chiocciola, una larva, il muscolo senziente, che impreca perché sia capito, e amato, un poco, e si contenta
Non erano infinite quelle soglie!
La deliberazione notturna
Senza antenati, senza nozze, senza discendenti
La voglia selvaggia ci eresse
Monumenti, statue, bambole che camminano. La pelle è pezza.
La mia vocazione era addio e tardi incorsi in essa e non compresi
Chiunque dà addio alle sostanze e lo hanno abbandonato gli amici
Senza seguire niente si avventurava in una gelida foschìa
Parvemi
In nessun luogo si parla di te di là delle opere del Sole
Filamenti di stelle a distanza inesistenti
Tempi sovraesposti. Empietà di universi
L’acredine genera il normale
Non è lo spazio a contraddirsi, è l’opera sotto il sole a essere insufficiente, sempre
Una tale cecità
In una cecità in cui si vedano i filamenti di stelle inesistenti
Rallentati tutti i filmati
Rétina che è la striscia orizzontale del destino umano: impressa da posizione di astri prossimi e distanti
Reiterazioni di tutte le fini
Indistricabilità delle genesi continue
Dunque era questo l’inizio: finire
Eccoli: i cittadini del cielo. Superali e non temere.
Questa attività invisibile, questo senso