Di tutti i crimini italiani, il più italiano di tutti è quello perpetrato a Erba dalle manone generose e dalle manine casalinghe di Olindo e Rosa. Quell’idioletto lombardo che sa di lugàmega e cadavere, quella compulsione alla pulizia e all’ossessione del pratino, quella ingenuità biolca manifestata nel corso delle intercettazioni più elementari di sempre, quelle abitudini abitudinarie tutte brianzolbriciole e venete, la propensione al mediocre spettacolo televisivo italiano che scandisce i tempi della giornata e della vita intera, quel femminile da Ida o Tilde e quella virilità da Brico Center, quella spietatezza grossolana e minuziosa al contempo, quel romanticismo da tempo delle mele marcite – tutto ciò è nulla a confronto del reale raccapriccio privo di morbosità interessante, fattore definitivamente italico, il che ha portato al disinteressamento nazionale nei confronti della coppia, che risulta tutt’altro che diabolica, in quanto si pensa che il male non sia la stolidità polverosa e capace dello squallore sessuale non impensabile, ma comune alla scimmia umana del nostro comune lumpen. Per questa dimenticabilità Olindo e Rosa sono indimenticabili e dunque perfettamente italiani. Per questo, chi non capisce che questa antropologia e geografia sono l’Italia, il che l’attuale premier non comprende, al contrario del suo predecessore ventennale, non capisce quale luogo dell’anima nera e inattuale abiti.