August 28, 2015 at 11:19AM

The-Notebook-Piroska-Molnar
Ierisera vado al cinema, da solo, in piazzetta Liberty lascio il motorino che tossicchia e hanno rubato entrambi gli specchietti, continuamente li rubano, vanno venti euro alla volta e vado allora senza specchietti, i vigili mi vedono, sorridono stanchi, e non esiste più il negozio della Ferrari nella piazzetta, allora vado all’Apollo a vedere “Il grande quaderno” film (fa schifo, non guardarlo), tratto dalla prima parte eccezionale della Agota Kristof de “Il grande quaderno” nella “Trilogia della città di K.” (a Cordelli non piace). Il film fa schifo, come nella giuria di Venezia 2006 vedevo di Mimmo Palladino un “Don Chisciotte” con, incredibile, Lucio Dalla e il fratello di Toni Servillo, degli Avion Travel, ma lì rimanevo dentro, la sala, per il dovere della giuria, qui uscivo, si uccidevano milioni di ebrei in doppia fila mesti vessati da SS in un paesino con un incredibile omosessuale SS capo di tutto e con un campo di concentramento vuoto con un camino che andava sbuffando oleoso nerogrigio il fumo di tantissimi corpi bruciati: è osceno! Poi c’erano delle animazioni che non c’entravano niente, posproduzione, in un finto quadernone giuro identico a quello che utilizzo in questi giorni per il libro nuovo di Mondadori, faceva schifo e uscivo. Uscito su Vittorio Emanuele giunge una nana, la fotografavo, era vera! Allora andavo. C’erano milioni di arabi con il burqa ecc., mesti, verso la piazza del Duomo, il quale nessuno stava a guardare perché c’era un cinese che tirava la faccia in un sorriso stile Yue Minjun (cerca Google “artista cinese sorrisi” e lo vedi), con un selfie-stick lungo satinato di alluminio e da solo nel mezzo della piazza provava questi sorrisi tirati un istante e un istante dopo cambiava il sorriso, ma sempre lo stesso e moltissimi stavano nella fiancata del Duomo accanto a due casette degli schuetzen dove paghi un euro per entrare nel Duomo a vedere, se non fai la messa, se fai la messa invece no, gratis. Nella fiancata sopra una delle due casette stile si mangiano i canederli lì, incredibile, c’era una scritta SAMSUNG enorme dentro uno schermo a pixel luminosi giganteschi per uno sponsor che dà euro alla Veneranda Fabbrica del Duomo, con dentro un filmato incredibile con dentro gigantesco Davide Oldani, uno chef, che trasceglie i grani di senape di un filetto che ambiscono a fare centinaia e centinaia di persone che da giù guardano su verso lo schermo, dove Davide Oldani ti insegna a fare il filetto alla Voronoff su di un tavolo dentro uno schermo nella fiancata del Duomo, tutti lì a volere fare il cuoco stile Davide Oldani, ma attenzione: più in là, ma poco, c’è un cinese con un violino che suona attaccato a un filo robusto dentro un iPad con il nuovo software degli spartiti musicali adesso, tu raggiungi una nota e fa tutto lui, non serve più la persona muta composta accanto inutile in una sediolina accanto al pianista, e quindi questo cinese del violino suonava “Fur Elisa” (niente dieres nella mente e qui non la so fare, etc.) e centinaia e centinaia di persone ad assistere, anche anziani, all’esibizione, con un grossolano del milanese che guarda la musica e fissa l’iPad, surclassando sette suonatori arabi stile migranti più indietro di nuovo verso Vittorio Emanuele, grandi, ignorati dal grande pubblico, che suonavano senza iPad con i violini uno spartito tradizionale, fatto non di pixel che si voltano da soli bensì di note di un inchiostro industriale dentro dei fogli di carta di una volta, li compravi dentro un negozio di note dietro il Duomo una volta e non c’è più, ma giuro: erano centinaia e centinaia gli arabi in piazza del Duomo venuti da Gedda e da Doha vestiti col burqa e ricchi in un’evidenza di acquisti sterminati alla Rinascente (cerca Google “Nome D’Annunzio Rinascente”), con sahari incredibili neri e viola e ambrati, con queste donne prive di volto ovunque e Salvini a chiedere a lui perché uno di Baggio o Quarto Oggiaro sarebbe meglio di questi arabi, anche una famiglia di ebrei con degli acquisti, andavano più in fretta degli arabi. Allora il McDonald’s incredibile con una folla Expo ad aspettare in fila, Crispy McBacon con “i classici consentono variazioni” e quindi un bacon più gustoso, croccante, e una con la faccia svedese orlata di capelli e le labbra chiuse strette che guardava i pixel di un cellulare sorridendo alle battute Facebook tutta da sola e una famiglia araba con un burqa che mi guardava la maionese (cerca Google “Tarantino Pulp Fiction dialogo patatine maionese Europa”) e migliaia (dico migliaia) di stelline cadenti rotanti fluorescenti di negri dell’Egitto che le tirano (anche Bangladesh) in aria con delle fionde professioniste per illudere i bambini di questi droni senza motori che roteano nell’aria e pistole che sparano centinaia e centinaia di bolle di sapone tutte orizzontali. Tornavo al motorino al bar dei cinesi per un decaffeinato pensando globalizzazione, merce, non esiste più la lingua, non è un canone ontologico e dunque estetico, proletariato spirituale mantenuto in una sottocultura emotiva fatta di materiali plastici e grafene, di Davide Oldani, le spezie, Riccardi a Cattabiano e Giovanni Pascoli non lo vedevo dentro il “Profitto” fino a ieri, tutta vuota è la città e poi leggevo Steinbeck e mi chiedevo perché lo aveva scritto.

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