L’orrore e la gioia dell’orrore: due declinazioni implicite del fascismo antropologico italiano, tutto e sempre di marca italiana, imperituro e radicato nel genoma subelvetico, nell’enormità gutturale di quegli idioletti, nella crassaggine della loro meschineria, nel girovita che c’è troppo per trippa e cassoela o che viene contenuto con lo jogging delle app e la tuta a fasce catarifrangenti, in quella loro natura da bayou parabrianteo, in quelle architetture che interrogano l’entomologo, in quel particulare meschinamente difeso in ispregio alla realtà: che è fatta dell’impazzimento reale, essendo essa realtà una macchina del tutto naturalmente dissociativa e casuale. Ecco il mondo: uccidiamolo, non biascica come noi, abbiamo la paghetta del papà moltiplicata per tutti gli anni di merda che abbiamo vissuto e la mettiamo nella cassaforte dell’empietà. Pezzi di merda: mi avrete sempre contro.