POST SCRITTO DA UNO SCRITTORE CONTRO LA PAGINA DEL LICEO CLASSICO G. BERCHET DI MILANO CHE STA SUL “CORRIERE”
E’ Natale, siamo tutti più buoni? Che?, ti incazzi a Natale per l’inutilità più abissale? Sì. A me infatti i miei coetanei fanno incazzare da sempre e volevo raccontarlo, come ieri mi sono arrabbiato e che desiderio di sfogo. Tu ti incazzi con tua figlia? No, si dice uno o una: ti incazzi per finta! Però non esiste incazzarsi per finta: o ti incazzi o non ti incazzi. Vuoi per caso negare te?, la rabbia che provi, l’odio che provi? Forse che non è una possibile anticamera della Franzoni? Magari no. Ciò non toglie che è da meditare, il fatto. Veniamo al racconto, di una secondarietà assoluta, di una irrisorietà catastrofica: è una catastrofe irrisoria, è un assolutismo secondario.
Ieri arriva uno Scecchitano che non conosco, sul Twitter, mi manda una foto e mi dice: “Che?, facevi il liceo classico G. Berchet anche tu?”. Mi invia nella foto, ma storto, un articolo di me a quattordici anni, contro il finanziamento della scuola privata, contro la Comunione e Liberazione, contro la allora ministra della istruzione Franca Falcucci. Incredibile eccezionale! Risulta che avevo fatto contro tutto questo dei cartelloni di satira disegnata stile “Il Male”, ma fatti male. Allora questo articolo venivo invitato a scriverlo per il giornalino scolastico dei ricchi, che erano tutti nel liceo classico della Milano dove ero io, e questi ricchi votavano il Partito Liberale, che per me era un passo prima del fascismo tumultuoso dichiarato, ma erano interessanti: infatti fecero incredibile una copertina vietatissima sadomaso, con il diavolo che si fa fare una sega da una finta bambina, ma realmente pornostar di quelle che sembrano minorenni, stile Cappuccetto Rosso, tratta da un bimestrale sadomaso, il giornale si chiamava “Lectio brevis”. Fu uno scandalo sul “Corriere della Sera”, stile eterno ritorno de “La Zanzara” del Parini, altro liceo classico dei ricchi di prestigio della Milano dove ero io. Allora ieri andare in questa pagina del gruppo Facebook chiuso, di tutti gli allievi che erano stati allievi ricchi di questo liceo classico del Berchet dove ero io, era stato Montale, Barbone di Tobagi, filologo Mario Untersteiner e altri prestigiosi, forse anche Capanna. Questi nomi se li ricordano, e nemmeno tutti, quelli che hanno i miei anni, quelli dopo no. Entrando in questo gruppo dove mi scordavo che già ero e è la missione iniziale specificamente precisa di Facebook, di incontrare in una festa perenne americana dopo quarant’anni quelli del college, come nello incipit di “Pastorale americana” (per quelli del Berchet, è Roth, ma no Joseph, l’altro) oppure (la conoscono) canzone di misteriosi Connels di una canzone del 1974-75 del loro liceo, ma non classico fatto di ricchi. Allora dentro questo gruppo Facebook che sta misteriosamente sul “Corriere della Sera” accade che vedo tutti morti, insegnanti, degli allievi morti nel liceo, degli insegnanti morti dopo e anche durante, e moltissimi, giuro, moltissimi invecchiati esplosi con le vite di una borghesia che c’era e non c’è più ma c’è in quanto è loro. Migliaia di messaggi, di iscritti. Professori del Berchet, ex allievi del Berchet, professionisti usciti dal Berchet, miei ex compagni del Berchet che odiavo tutti, tranne quelli poveri come me, che infatti sono mie amiche qui su Facebook. C’è il bidello Elio del Berchet e allora scrivo che Elio bidello ci passava le uova marce che abbiamo tirato da sopra al set che facevano giù del film “Sposerò Simon Le Bon”, che aveva scritto una del Berchet. Poi dopo parlavo comunicando in un sottothread tra migliaia con una che secondo me poteva fare sadomaso come nella copertina del giornaletto che aveva fatto scandalo e infatti lo faceva. Inoltre scrivevo che Marco Licata della E aveva una strana sciarpa di palestinese e inverno, con dei peli ispidi lucidi neri e fronteggiava la intellettualità con un comunismo onesto, franco, e un golf bianco panna a trecce piatte, uscendo nel corridoio prima di me a comperare la merenda avendo i soldi, io no, si chiamava Marco Licata. Ed ecco dunque cosa succedeva: cancellavano tutte queste cose che scrivevo e mi comunicavano nella pubblica bacheca DI COMPORTARMI BENE SENZA PARLARE DI SESSO E DI RELIGIONE E DI RAZZE IN QUANTO, RAGAZZI, SIAMO SUL “CORRIERE DELLA SERA”, NON IL SOLITO CIARPAME CHE C’E’ IN GIRO. Allora me ne andavo dal gruppo chiuso degli ex allievi del liceo classico G. Berchet, perché li odiavo, come sempre, da sempre, l’orrore di questa cosa, loro, i lefebvriani, ne ho scritto anche esplicitamente ne “La vita umana sul pianeta Terra”, puoi leggerli qui nella parentesi, ma il fatto è che tu secondo loro sei ciarpame, quando questi borlotti di carne e sebo esplosi con le molecole della capigliatura stempiata brizzolata fatta di una grisaglia di capelli, loro, i né morti né viventi, che non sanno fare i padri le madri, loro, che non hanno un parametro realistico con cui valutare la realtà, loro, a cui è stata suiciente la guerra della Jugoslavia per dire che hanno visto la guerra e vantarsi che loro sono una generazione sfigata perché non ha fatto nessuna guerra, loro, che non sanno scrivere e non sanno dipingere e non sanno parlare e non sanno scolpire in quanto non sanno immaginare e guardano le foto della quinta ginnasio e sulle pagine hanno i selfie e quindi fotografano, loro, i fotografi, loro che non sanno fotografare la situazione, loro che non sanno cosa era l’eroina e cosa continua a essere l’eroina, loro, comunisti che passano benissimo a dopo il comunismo mentre io mi prendo del ascista essendo un comunista e rimanendo un comunista, loro, che si lamentano che i pigmenti delle matite colorate alle elementari dei loro figlio non sono bio, loro, ricchi, benestanti, sicuri nelle tenebre della loro orripilante esistenza che contagia l’esistenza di chi sta loro attorno facendola precipitare nel medesimo orrore, loro, l’ipocrisia incarnita, loro, incarnazione nel senso dell’unghia, loro, pallidissimi da sovraesposizione all’occidente, loro, gli irrealisti e calvinisti e mormoni e maggioranza minoritaria ma sicuramente silenziosa, loro, medio ceto quando sono ceto mediocre, loro, che manco hanno il coraggio di tradire il marito e la moglie e sono tristi perché non vanno più fuori di testa per l’amore, loro con l’avvizzimento morale prima che fisico, loro, che sono vecchi dentro da sempre e senza la grandezza che la vecchiaia concede, loro, i polinsaturi, loro, i pre-kevlar, loro, gli anemotivi, loro, i furbetti del quartierino del pinocchietto, loro, grandi risate se gli dici Franco&Ciccio, loro, i panettojni con la crema champagne e che fanno golf, loro, che avevano la Golf e sull golf si controllano che non ci siano i pallini di lanetta, loro, che risparmiano sangue sudore e sperma da una vita, loro, che Kant col cazzo, loro, gli ingegneri avvocati ma solo uno o due notai, loro, la sanità pubblica è da poveri, loro, che volontieri aiutano l’immigrato o lo odiano angosciantemente, loro, i post-tutto, loro, i geyser dell’indegnità, i sofioni boraciferi dell’inferno in terra che è il loro minuscolo interieur, loro: non sono miei figli, non sono miei fratelli miei sorelle, non sono miei padri mie madri: li odio. Ecco, l’ho detto, già non li odio più…