C’è un punto in cui la psicoterapia non funziona né come presidio né come dispositivo di scioglimento: è la cura esistenziale. L’ammanco del sentimento di senso (di ciò che si fa, dell’attività amorosa, di ciò che una volta si diceva: progettualità) è un dato che emerso in modo sconvolgente nell’ultimo decennio e che nulla c’entra con la psiche, è un fattore energetico individuale e collettivo che non ha a che vedere col dato psicopatologico.
Il “funzionamento dell’io” funziona fin troppo bene: chiunque, oggi, in occidente, a qualunque classe sociale appartenga, qualunque opzione esistenziale scelga o sia costretto ad adottare, fa i conti quasi esclusivamente con il funzionamento. E’ un efficientismo che si potrebbe non ravvisare in alcune aree dell’esperienza – che so?, il divertimento, per esempio, o il rapporto col fatto estetico. Davvero? Chi oggi è in grado di maturare senso nel rapporto con un fatto estetico? La passerella di massa sul lago è divertimento e fatto estetico oppure è una tipologia di funzionamento?
L’accumulo di esperienze svuotate di senso, il crollo del senso nella relazione con l’altro, che non ascolta e non vede e non intercetta e non entra in risonanza con te, lascia imperturbati i ricettori interni del senso? Da anni mi occupo di questa piega che ha preso l’esperienza qui, in questa landa che favorì il disfunzionale e oggi implementa il dissociativo – laddove i due aggettivi vanno intesi con significato esistenziale. A chi parli veramente? Chi ti ascolta davvero? Che rapporto hai con la profondità di te stesso o stessa? Sembrerebbero domande oziose, poi uno si rende conto che c’è l’esplosione della mindfulness e della naturopatia, accanto a un utilizzo massivo di psicofarmaci che vengono prescritti per tamponare non una situazione psicopatologica, ma un disagio esistenziale profondissimo.
La sensazione del senso è da restaurare.
Su questa materia sottile, circa la quale mi sono permesso di pubblicare un saggio (“Io sono. Studi, pratiche e terapia della coscienza”, edito da il Saggiatore) intendo lavorare direttamente nel prossimo futuro.