Dies irae su Brik/Libri: “Un Gilgamesh nazionale”

coverbig.jpgdi GIUSEPPE PETRALIA
[da Brik-Libri]

Giuseppe Genna – imprevedibile ed eclettico autore che divide la sua esistenza tra studi e pratiche di intelligence, esperienze al limite del soprannaturale, pubblicazioni di stranissimi thriller che hanno conquistato molti Paesi, come gli Stati Uniti – ci conduce in un maelstrom impressionante, che dal 1981 arriva a oggi, allestendo una saga corale, una specie di epica contemporanea in cui nessun personaggio è un eroe omerico, ma ha qualcosa da dire e molto da soffrire.


Dies Irae (Rizzoli Editore) è il tentativo di Genna di operare come il genio Don DeLillo ha operato in Underworld sulla storia degli ultimi cinquant’anni americani. E’ un astrolabio italiano, le cui sfere impazzite roteano ai ritmi della nostra storia, a partire da quel pozzo artesiano e tragico che fu il dramma di Alfredino: l’incipit del romanzo, dedicato a quell’incidente fatale (ma fu incidente? Fu fatale?), ripreso per ore e ore da una diretta televisiva che allucinò lo Stivale intero, sono pagine che assommano pietà, complotti, destino, impotenza – per innalzarsi alla visione abbacinante di un popolo che muta antropologicamente, incantato davanti alla sfera di cristallo catodica. Da questo passo di inizio, si sviluppano quattro vicende umane: imprevedibili, fitte di svolte karmiche e di colpi di scena esistenziali, di choc e di suspence compressi in una storia di storie. Un Gilgamesh nazionale. Dies Irae racconta non soltanto le disperanti fughe a Berlino (nel momento in cui crolla il Muro) e ad Amsterdam (nel momento in cui si impone la nuova psichedelia) di Paola C., la ragazza che un trauma antico e indicibile (ma sarà detto…) spinge come una biglia nel flipper Europa; o di Monica B., l’archetipo della giovane borghese che si forma secondo le leggi dell’omologazione, dalla laurea alla famiglia (tramite fecondazione artificiale); o di Luigi Darida, collaterale dei Servizi, che conosce più di un segreto, oltre naturalmente a quello che ha affossato il piccolo corpo di Alfredino. Dies Irae è soprattutto la storia impazzita dello stesso autore, Giuseppe Genna, che in presa diretta narra per scene improbabili ma autentiche cosa ha attraversato nel ventennio Ottanta/Novanta. Entrano in questa summa: la psicofonia, cioè la registrazione audio delle voci dei morti; un libro fantascientifico segreto che prevede nitidamente l’espansione cosmica della specie e la sua estinzione; orge lisergiche; nani sapienziali; ex calciatori che fanno da testimonial alla Lapponia; fecondazioni assistite che sembrano il big-bang; Moana Pozzi assimilita a una divinità gnostica; le monetine che crollano su Bettino Craxi; discorsi istituzionali di Francesco Cossiga che paiono profezie autoavverantisi; l’era in cui i padri muoiono e tutto brucia.
Dies Irae è l’opera con cui Genna fa deflagrare qualunque genere letterario, giungendo al nucleo di fusione (e fredda e calda) della letteratura italiana contemporanea. E in cui i segreti rivelati toccano da vicino ogni lettore che, per fortuna o per sventura, apra le pagine di questo iper-romanzo.

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