di Bonaventura da Bagnoregio
[La traduzione vìola la lettera in alcuni punti, sperando di mantenerne vivo lo spirito. gg]
Scongiuro il lettore di dare maggior peso all’intenzione che io ho avuto nello scrivere questo trattato che non alla realizzazione che ne ho fatto, più al suo contenuto che non alla forma con la quale l’ho espresso, più alla verità che all’eleganza dello stile, più al calore del sentire che non alla profondità della scienza.
Per questa ragione prego il lettore di non scorrere alla svelte queste pagine, ma di farne oggetto di attenta meditazione.
Bisogna che tu rientri in te stesso. Il tuo spirito, infatti, ama di amore potente se stesso. Ma non potrebbe amare se stesso, se non si conoscesse.
Come il niente assoluto non ha nulla dell’essere e delle sue proprietà, così, inversamente, l’essere puro e semplice non ha nulla del non-essere, né in atto né in potenza, né nella realtà né nella nostra riflessione. Il non-essere, infatti, essendo privazione dell’essere, non può venir pensato se non in relazione al concetto di essere; l’essere, invece, non può mai essere concepito in relazione ad alcun altro concetto, perché tutto ciò che conosciamo o lo conosciamo come negazione di essere o come essere possibile o come essere reale.
Il puro e semplice essere è la prima nozione che si presenta alla mente ripulita e calma, e si identifica con l’atto puro di essere – semplicemente essere che si è.
Ma l’atto puro non può identificarsi con un essere in particolare, che è qualcosa di limitato, perché commistione di atto o di potenza di stare per; né con un essere analogo, che non trovando affatto riscontro nella realtà, non è assolutamente possibile che sia in atto, presente a tutti gli effetti.
Non resta dunque, che identificare quest’essere con l’essere che è, semplicemente, e non può non essere, con la nuda presenza di essere cioè.
E’ davvero strana, perciò, la cecità della mente umana, che si lascia sfuggire ciò che le si presenta per primo, e che condiziona ogni altra sua conoscenza.
Ma come l’occhio del corpo, distratto dalla verità dei colori, non vede la luce, che pure è l’elemento che glieli rende visibili o, se anche la vede, non vi pone attenzione; così l’occhio del nostro spirito, attratto dagli esseri particolari e dai concetti, perde di vista proprio quell’essere semplice e puro, che è al di là di ogni specificazione e descrizione [poiché semplicemente è e basta]. Eppure quest’essere semplice e puro è la prima nozione che gli si presenti all’umano, e tutte le altre cose non si possono comprendere se non partendo da questa sensazione di presenza, di puramente e concretamente essere.
Accade “all’occhio del nostro spirito, davanti alla realtà abbagliante delle cose sensibili, quello che accade al pipistrello davanti alla luce” (Aristotele). Assuefatto alle tenebre degli esseri e dei fantasmi del sensibile, gli sembra di non veder niente quando è colpito dalla “luce” dell’essere puro e semplice. E non comprende che proprio quella “caligine” è, invece, la luce più chiara per il nostro spirito, anche se, come l’occhio accecato da luce vivissima, gli sembra di non veder proprio niente.
Tale essere purissimo ti si presenterà come essere primo, eterno, semplicissimo, attualissimo, perfettissimo e assolutamente uno senza secondo.
Ma c’è ancora dell’altro che può aumentare il tuo stupore. Se continuerai la tua riflessione con la mente pulita e calma, si farà ancor più “luce” in te, e “vedrai” che questo puro e semplice essere è anche ultimo, proprio perché è primo; è continuamente presente, perché eterno; è il più grande, perché il più semplice; è il più immutabile, perché il più attuale; è immenso, perché perfettissimo; è inesauribile verità, perché somma unità.
E poiché è così uno e diverso, questo semplice essere è tutto e sempre lo stesso in tutte le cose, sebbene le cose siano tante ed esso uno solo. Questa sua unità assoluta, unita alla verità completa e alla bontà purissima fanno di lui il modello di ogni virtù, il sostrato sensibile di tutte le forme e ciò da cui scaturisce ogni linguaggio.
Perciò da Lui, per Lui, e in Lui sono tutte le cose.
Nessuno può contemplare la sua faccia, e rimanere in vita.
Morire per vivere la vita piena.
Ed allora, “moriamo”. Entriamo nella luminosa caligine dell’essere puro e semplice, imponendo silenzio a cure, concupiscenze e apparenze. Dopo la scoperta della nostra identità con l’essere puro e semplice, noi potremo dire con Filippo: Questo ci basta.