August 08, 2015 at 04:26PM

Stanno per scadere le ore di spremitura intellettuale, durante le quali medito dove e come porre il testo che mi attende. Da un lato, c’è l’ipotesi di un fantasy idiosincratico e, seppure apparentemente delirante, comunque in qualche modo coerente, da compiersi in una lingua italiana fornita di ottusità e pesantezza, almeno nella prima e lunga parte, della quale ho pubblicato qualche prova qui (è il libro atro di cui al link in calce). Altra possibilità è quella di comporre un libro freddo e breve, raggelato e luminoso, che approfondisca la tensione che, nella narrazione pubblicata l’anno scorso (“La vita umana sul pianeta Terra”), impediva lo sviluppo di una storia, di un plot, a vantaggio di un ordito che avvicinasse il tutto alla compattezza di un poemetto. Riflettendo, in questi giorni, sono giunto però alla conclusione che forse è opportuno prendere in considerazione la mimesi: e per mimesi intendo qui la possibilità di una narrazione narrata, che dia conto delle possibilità conoscitive ed emotive ed esperienziali del mondo in questi anni, per come lo sto vivendo. In quest’ultimo caso, a mio modesto avviso, e intendo in tutta sincerità che l’avviso è personale e umile, il romanzo resta la macchina di scrittura che meglio rende percepibile l’orizzontalità di un’esperienza umana o, se si volesse restare nella metafora geometrica, la sua sfericità. Purtroppo c’è un problema, tutto mio, di tolleranza all’assenza di continuità nell’intensificazione poetica, che riguarda il romanzo e che fa sì che mi venga a noia praticarlo: si tratta della componente del racconto che va in opposizione a quella dello stile (penso ai dialoghi: santo cielo…), con tutti i tentativi di contemperare o quintessenzializzare i due movimenti. Tuattavia fingere oggi il racconto della Decadenza (alla quale non credo minimamente: credo proprio il contrario, che non è un’euforia però) in un grande tomo che abbia di mira la mimesi del mondo che vivo e osservo, forse, avrebbe un senso. Non è un problema di trama e nemmeno di struttura: è un problema di stile. Nel tempo in cui la testualità sta nebulizzando io continuo a ritenere che la strada principale sia la poesia e, dunque, il poema, anche laddove non si vada a capo di verso in verso. E queste sono dunque le ipotesi al momento. Vediamo.

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