La grazia tribale con cui l’interdizione dell’umano, che ha nome François Hollande, spedisce alle stelle la civiltà contemporanea dell’occidente europeo è, a conti fatti, ammirevole e sconsiderata. Il disvelamento della barbarie, in fondo, non ha altra funzione che mettere in luce il passato, come qualunque disvelamento: l’apocalisse interessa molto i materialisti e gli storicisti proprio per questa sua funzione di gazzetta dello sport e della vicenda che abbiamo alle spalle. C’è un assolutismo tutto francese, che si radica ai primordi dello Stato occidentale, i quali primordi ovviamente conclamavano libertà fraternità e uguaglianza, a patto che liberi e fraterni e uguali fossero *loro* prima e, quindi, *noi*. Dopo avere ricreato per tanto tempo, ricreandosi con goffa esecuzione del fa-da-te geopolitico lo stesso Califfato asimmetrico, i cui confini attualmente e sempre non ci è dato conoscere, gli occidentali appaiono vindici quanto i loro speculari fratelli medievisti islamici, sessuofobi e arretrati almeno al modo in cui l’opinione pubblica occidentale, di cui lo stesso Hollande è interprete e vittima, esprime un moralismo da feudalesimo, quando tronca alle sue leadership le corna che giustamente e allegramente mettono alle consorti pachidermiche, altrettanto giustamente e allegramente condotte al soglio pontificio del potere istituzionale. Come un mullah tracagnotto e ben più letale del suo comico predecessore, a cui ha sempre nuociuto il cognome mitteleuropeo, quel Sarkozy che è tutto questione di moralismo, viste le chiavate sadomaso con una exmodella neocantante dal consistente patrimonio, François Hollande si solleva nella venerabile Aula e ulula il richiamo bellico, arcaico e privo di conturbamento oramai: ci hanno ucciso les citoyens, mo’ uccidiamo loro. Ignora il passato coloniale che, a colpi di Marsigliese, condusse i cisalpini a fare così con i negroni del Centrafrica e anche dell’Africa del nord, zone tuttora sotto controllo di questa comunità che parla con la “r” blesa e a stento abdica alla superiorità nella produzione di formaggi e vini. Dice questo coboldo che tante se ne è fatte prima e durante l’Eliseo: “Non è una guerra di civiltà, perché questi assassini non ne rappresentano nessuna. Sono vigliacchi che hanno sparato sulla folla disarmata”. In questa denegazione radicale dell’altro, io, autore di un controverso nonromanzo che si intitola “Hitler”, riconosco la quintessenza stessa dell’agire occidentale, cioè hitleriano. Quelli là hanno infatti una civiltà coi controcoglioni e, se vuoi, pure un’efficienza occidentalista che la Svizzera se la sogna: dagli altri dieci anni e ci rubano i cervelli in fuga, visto come sta funzionando il welfare del Califfato. Qualunque esperto di controspionaggio è conscio del disastro di cui l’amministrazione Hollande è responsabile, in particolare grazie al suo ministro degli interni, che velocemente si è trasformato in un ministro delle interiora, quelle lasciate sul selciato in una notte di follia e di entusiasmo radicale, e il cui cognome dice tutto: si chiama infatti Casanova. Le falle nel lavoro di intelligence sono a dire poco clamorose. L’esposizione del popolo al massacro potenziale e quindi attualizzato è criminale. La colpa è di Hollande, omìno che ha deciso di bombardare in Siria e Mali con euforica nonchalance. Che la popolazione non gli faccia pagare il prezzo dovuto è un sintome da stress postraumatico. Questa cosa degli incivilissimi bantù è tipica dello snobismo a cui inglesi e francesi si sono abituati nel tempo. Il terrorismo algerino ai tempi di Boumedienne è assai ravvicinabile per caratteri a quello che ha colpito Parigi: non è terrorismo, è guerra di posizione. La differenza specifica europea sta qua: non solo crea la situazione, ma va a medicarla nel momento in cui gli anticorpi si attivano nel tessuto che il Vecchio Continente ha lacerato e infettato. Complimenti al borghese medio che Hollande rappresenta: egli non esiste più, ma continua a uccidere. Ogni volta denegando che continua a farlo: ammanta di inizio drammatico il conflitto, ripetutamente. Mi viene da dire: non in mio nome, presidente, anche se io non sono francese, è che Lei è europeo e davvero sta agendo in mio nome.
Serve un’ulteriore rivoluzione francese. Dubito che prenderà corpo. I nuovi barbari, a guardare bene, siamo noi, e i barbari non fanno alcuna rivoluzione.