E poi l’idea centrale era uccidere
le mirabelle, o Milo,
e i reggimenti della ruggine
nelle screziature della mente e amarle,
quelle screziature, simili a una figlia
ad agosto sulle mattonelle in cotto siculo
a due anni, nemmeno, a fare un’arancia
a farla rotolare come il pianeta
senza asse, non più… “Non più di un secondo
arrivato quando è accaduto tutto,
quando è giunto il primo giusto e è accaduto tutto già,
la strage, la palinodia dei testimoni
e chi si è finto presente e non sa
quanto triste è l’ematocrito sulle mattonelle
dove la hanno strascinata
e lasciata lì, sui gradini, verso la tavernetta”
e fuori la vegetazione è polvere padana
qualsiasi la concentrazione dei poeti
qualsiasi lapide hanno fatto estetica
si sono dimostrati inverecondi e strani.
Meditano una traccia
di sé sulle gricce del pianeta
ovvero i rictus del pianeta.
O vero e tondo e grinzito spazio
dove avanziamo in uno stato di perennità che è poca
senza i biasimevoli, con poco padre,
con una infinitudine della madre materna,
o dubbio scaltro o dubbio vero
di immagine in immagini in immagine
e sotto la lingua pone la città
sotto una lingua muschiva e padre
io chiedo a te di fuoriuscire da uovo e stare male
da quel reparto protetto ti chiedo di uscire
dacci ancora i tuoi versi sottili e strani Mario
noi li condurremo al mondo.