Capire Giannelli

Su Facebook sta avendo seguito inatteso una pagina in cui si commentano, con ermeneutiche all’altezza della bassezza d’autore, le supposte vignette del corrierista serale Emilio Giannelli, al cui confronto Forattini.
Mi è stato chiesto di partecipare a quest’opera di esegesi dell’impossibile. Ecco il risultato, sotto la vignetta supposta.

12688041_922658557841899_7907173911909233397_n

E venne per Giannelli la prova più aspra e forte, il suo momento apicale, quello in cui un inesistente Giulio II, incarnato da Ferruccio De Bortoli, pretende da lui che faccia una Cappella Sistina. L’impresa farebbe tremare i polsi e la pellicola termica dei telefax. L’alta fantasia manca, come sempre: fare sintesi de “La Sfinge di Edipo” e delle “Risate a denti stretti” insieme all’antiteologia giannelliana, infatti, appare impossibile almeno quanto la teoria dell’unificazione che dovrebbe contemperare Einstein e la quantistica. Quanto piacerebbe a Giannelli, e anche a Capire Giannelli, se Giannelli potesse fare nel 1951 una striscia su Einstein e le onde gravitazionali! Si troverebbe tanto a suo agio nel 1951, quasi un Doraemon capace di tirare fuori intuizioni comprensibili a Ignazio Silone e Matilde Serao. Per noi son geroglifici e decrittazioni, invece, tipo archeologi a contatto con civiltà perdute, come se fossimo posteri a Giannelli che è nostro contemporaneo: chiunque infatti è postero a Giannelli, anche chi ha vissuto prima di lui. La gnosi giannelliana tuttavia sa trovare i suoi mezzi di irradiazione, come il cesio 137 una volta uscito dal reattore 4 a Chernobyl, che abbraccia i biorobot inviati a limitarne la diffusione contaminante : chiunque infatti è biorobot a Giannelli.
La Creazione secondo Giannelli ha il suo Big-Bang e la sua palingenesi in un luogo eonico estraneo allo spazio e al tempo, da cui essi generano: è la Camera. Giannelli da sempre vive lo sconforto di essere apparso in una patria priva di Camera Alta o dei Lord, priva cioè di parrucche a boccoli istituzionali, candide e patriarcali, soloniche, definitive. A poco vale infarcire i tribunali di questi emblemi sapienzali e tricologici, ponendoli sul capo di vetusti magistrati e infidi azzeccagarbugli. Egli, il Giannelli, vorrebbe parrucche e si ritrova a disporre invece di deludenti tessuti pettinati armati a batavia e altri tipi di grisaglie. Sono gli effetti del fall-out giannellico. Non potranno dunque mancare laddove la Genesi incontra il Giudizio Universale, nel momento in cui il nostro sapido senese rovescia il “Noli me tangere” in un esilarante “Tangere eccome!”. I gradi della Creazione sono tutti lì, in questa complessa angelologia, dove al posto dei Troni e delle Dominazioni prendono vita le drammatiche figure di un ipotetico parentado di Ave Ninchi e Lina Volonghi, in tragica contemplazione della propria condanna ai gironi bassi; mentre al centro concresce una colonna metafisica e vivente addobbata in lana pettinata ad armatura saia, di peso medio, con ordito che crea un effetto a scaletta diagonale degno di un Amedeo Nazzari o di un Osvaldo Valenti o di un campione del cinema dei telefoni bianchi.
Fiat Lux: Giannelli ci piazzarebbe subito un Marchionne a forma di Valletta e via così, l’universo oramai è creato e si espande, tra cofane alla Alex Damiani e basette alla Nando Gazzolo, le cui fisionomie sono ricomposte sempiternamente nel ciclo eterno del nunc stans giannelliano. Solo i maschi si picchiano, le femmine sono deboli ed è già tanto che stanno in Parlamento. Comunque si tratta dei banchi della destra storica e il sapore è infatti alla Quintino Sella, tendenza “tassa sul macinato”. Non c’è Dio, come si può notare: è perché Dio è fuori del tutto, è fuori della scena, è il demiurgo che la scena l’ha creata, è Giannelli.

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: