LA PAROLA BLESA
a Mario
E questo era il bene…
Mantenuto a distanza, manutenuto bene.
Come sprofondano le strade i deserti, come hanno
l’anno cattedrale ricordo credito crudezza.
Lo tengono prigioniero, nessuno cuore è disadorno
per me non più. Tu credi uscire nella stanza vasta
mensa di reparto protetto, tra stanza e stanza,
artigliando le giunte, sbagliando i residui
di quanto eri poeta vero, Mario, e sei
non andato tra noi e fuori. Dove non so e non sai.
Padre impietrito, identico a te, andava in un Camerun a miniera
e vedeva la tosse scuotere i resti in futuro poveri: è vero?
Nel silenzio sappi
gioire e soffrire
con una tessera di Ministero della Guerra
nella stanza santuario della madre superiore
all’immaginetta della santa e alla statuina di acqua benedetta azzurra?
O azzerare: grazie.
Grazie, che azzeri.
Lugliena è l’uva a Attimis una parola e caglia.
Guglie svuotate: dove ho sbagliato?
Disgiungo luce da luce con i pensieri della luce, penso: luce.
Penso: sorella. Penso: e questo è il bene…
Grembiale della madre, male di credito
e, ovvio, di creditori, vita dei creditori
che siamo, figli fratelli amici: cosa? Questa era la cosa?
Vado per venire un poco più vicino a niente
e scolpita la statua di me stesso sta e vede
cose sublimi discolparsi le ossa
ascoltare parole non più:
perdono, alma, lontananza, io vado a zero.
A zero di universo è cosa sublime splendente non tanto amata e lo era
lo era assistere, ah!: assisteva.
Scomodo testimone è stare in delle forme
stare delle forme è essere dimenticando se stesso e tutto oltre va
riunito a sé e me privo di immagine profondo