Chi risponde a Casaleggio?

Vorrei intervenire sulle affermazioni di Casaleggio jr, che non è più jr per niente: ha parlato dell’eventuale superamento del parlamentarismo tra qualche lustro. Sono giorni difficoltosi, in cui grande parte dell’analisi e della militanza intellettuale va alle questioni più urgenti, gravissime, come da richiamo formulato da Roberto Saviano oggi, su “Repubblica”. Tuttavia conviene assumere una posizione in merito a quello che sembrerebbe un affaire politico inteso a minare dalle fondamenta lo Stato, perlomeno nella forma repubblicana che riconosciamo come nostra propria da sette decenni. Ritengo che Casaleggio incarni il peggio dell’orrenda politica attuale, una sorta di conventio ad escludendum dei basilari della democrazia, in forza di un discorso collettivo che non pratica alcun discorso: reagisce e basta, produce sintomi e nessuna eziologia. La forma del partito aziendale, di fatto, fu un innesto avanguardista e suppurante del precedente master of puppet di se stesso, Silvio Berlusconi. Chi ricorda i giorni che precedettero l’avvento del tycoon cuoiato, e quindi rimembri ancor la Democrazia Cristiana e l’alternante opposizione del Partito Comunista, è a questo punto uno sperduto navigante delle acque procellose che oggidì segano la vita alle migrazioni. Diciamolo: la percezione storica è andata a puttane, come mai era successo prima. Tuttavia, esercitandola in un tutt’altro che splendido isolamento, ci si chiede cosa sarebbe poi la Casaleggio e Associati, se non l’inquietante macchiettismo dell’impianto aziendale berluscone, offerto dai più recenti promulgatori dell’ideologia automatista, innovativista, digitalista e incontrollata? Mediaset, dopotutto, insieme alla Rai conquistata per anni, stava alla civiltà televisiva come la new age demagogica dei Casaleggi sta all’epoca dei social e della banda larga. Tuttavia il non più giovane erede di quel silente, apparentemente mite e perturbante rivoluzionario da webagency, il cui lombrosianesimo avrebbe sconcertato Lombroso, almeno stavolta ha bene riassunto l’orizzonte in cui andiamo a iscriverci. Non è inaspettato per chi da anni si impegni nei temi della convergenza e della singolarità il panorama fornitoci dall’amimico quarantenne milionario, che di rousseauviano ha solo la nomenclatura della sua piattaforma. E’ evidente che stiamo affrontando, da anni, un passaggio epocale, anzitutto interpretabile come prossimanza della tecnologia all’umano e, in seconda battuta, come disintermediazione radicale. Era un po’ quello su cui giocava Matteo Renzi, con la sua devastante retorica della contemporaneità innovativa e del marchionnismo spirituale – le vecchie spoglie del capitalismo, reso teratogeno dall’innesto di silicio & flessibilità, ovvero di dati e di sopraffazione. Io credo che le profezie del figliol non prodigo del Gianroberto descrivano bene l’orizzonte. Rimango allibito, quando percepisco le reazioni dall’impercepibile, ovvero dalla sinistra. Parlano personaggi che un domani nessuno ricorderà, anonimati nominabili ora o mai più e mai più sarà, che tirano per la giacca Mattarella, abbaiano al fascismo antistituzionale, ululano solitari sotto un cielo selenico ma svuotato di ogni stellarità. Perché è qui, sull’idea di futuro collassato nel presente, che si apprezza, liquorosa come non mai, l’inconsistenza di un polo che dovrebbe fare dialettica con e contro il discorso dei guru populisti. Qual è la posizione della sinistra su innovazione e democrazia? Cosa ci dicono sui big data i referenti, del tutto supposti, di chi si autopercepisce e tenta di farsi percepire come progressista? Non è che l’innovazione, con tutte le sue ipotesi di policy e governance, è proprio parte integrante del progresso, questa chimera socialista, la quale sembra sempre più alle nostre spalle che davanti ai nostri òmeri? L’enunciazione tranquilla della prospettiva casaleggia è davvero inopportuna? Perché non si batte e ribatte sul fatto che, a fronte del 32% della popolazione, il M5S si ritrova votanti digitali 40mila persone quando va di lusso e la colpa non è dell’alfabetizzazione digitale carente? Mentre Steve Bannon organizza network suprematisti e neofasci, appoggiandosi su Cambridge Analytica e persino su Wikileaks, qual è l’istituzione dinamica e partecipata che viene elaborata in campo progressista? Il digital divide è chiaro che è il terreno di scontro e di colonizzazione dell’idea libertaria, oppure no? Insieme a tanti scrittori e intellettuali, mi trovo a operare in questi ultimi anni un’opposizione radicale via Rete: è lampante questo? Cosa comporta? Lo si capisce che non dispongo di rappresentanza parlamentare, che porti avanti singolarmente e spesso isolatamente le istanze politiche e sociali e passionali a cui mi sento legato per cultura e formazione, che sarebbero collettive? Casaleggio si fa la sua Academy – e a sinistra qualcuno ha in mente come rivoluzionare l’educazione? E’ abbastanza ovvio che la cosiddetta democrazia diretta, che non è comunque mai né diretta né democratica, abolisce lo spazio del confronto, della discussione, dell’affrontamento del “no”, della necessità di comporre una sintesi. Ecco, detto che tutti questi sono valori per me e per molti altri, come li si traduce nei nuovi flussi sociali, quelli presenti e quelli che emergeranno come configurazioni dinamiche e cangianti nei prossimi anni? Posso avanzare una tesi ancora più estremista, di quella enunciata dal barbuto anemotivo, che presiede uno dei due populismi di cui ha avuto il coraggio di dotarsi, unico nel mondo, il nostro Paese. Non è che fra qualche lustro rischia di non esserci il parlamento – rischia di non esserci lo Stato, per come è stato conosciuto in epoca moderna. Quando Uber garantirà il welfare, l’istruzione e il lavoro, si vedrà bene con quale velocità è andata sbriciolandosi un’istituzione che parve granitica un tempo e ora non più, nell’epoca che accelera e manca di inviare a rinsavimento i consumatori: perché questo sono i votanti, gli individui, per i casaleggi di tutto il mondo uniti: tubi digerenti che si illudono di pensare, cerebellarità che non discutono, consumatori nemmeno spuri, ma integrali, con il culto dell’integrale bio, alienati e collettivamente isolatissimi, gente e non popolo, desiderosa di gentismo e non di populismo. Il futuro è un’ipotesi, che a formularla sia Davide Casaleggio è indice dei tempi penultimi.

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