Tre variabili di mutazione radicale della circolazione che si dice “geopolitica”, con grave miscomprensione della realtà. C’è un meridiano zero di questo ragionamento, che vado a dipanare, sia pure rimanendo criptico in qualche modo: l’Inghilterra, ovvero che cosa è davvero ora l’impero inglese. Qui non c’è la rappresentazione fisica e nemmeno programmatica dell’influenza mondiale ispirata dall’Inghilterra. Dovremo prescindere dal Regno Unito, il che significa che il ragionamento non sarà completo. Veniamo alle variabili geopolitiche. La più ovvia è l’epitome della strategia non tanto americana, quanto del presidente degli Usa, con l’uccisione di Qasem Soleimani e la pressione sull’Iran. Si tratta di una dismissione del presidio e del controllo di una vasta fascia orizzontale del pianeta, ovvero il Medioriente e l’interezza del Mediterraneo, a favore dell’ingaggio alla Russia come unico freno alla Cina, che resta il competitor Usa nell’asse orizzontale del Pacifico e nella zona più calda, che è poi quella più fredda, del Mare del Nord. Questa dinamica non è condivisa dall’interezza dell’esercito e dello hard power statunitense, costituendo l’autentica minaccia di agrammaticalità che l’amministrazione Trump propone all’instabile e multipolare disordine mondiale. La variabile più critica è tuttavia lo sbilanciamento e direi la rivoluzione degli storici equilibri nel Mediterraneo, mossa dalla Russia e dalla Turchia, grazie all’incredibile e incombente intervento militare in Libia. La penetrazione cinese nel bacino mediterraneo è cosa fatta. Il disinvestimento Usa sortisce un effetto di destabilizzazione e ristabilizzazione nell’area precipua italiana. Sostenere che il pianeta non passa più dal Mediterraneo, bensì dalla Groenlandia, è una delle stupidaggini più colossali che può commettere ciò che fu l’impero americano, il quale si avvia a non esserlo più: né impero né americano, perché la proposta statunitense non è detto che passerà in termini culturali, essendo già debordata e trasformata dal protocollo digitale, che non sarà certo una modalità di affermazione di identità statale, bensì di disabilitazione delle infrastrutture statali stesse. L’unica possibilità di affermare una civiltà statale americana è la corsa a Marte, quindi un passaggio ulteriore di territorio, con orizzonte il decennio tra il 2030 e il 2040 – e infatti Trump ha lanciato l’assunzione di 16mila addetti spaziali, il massimo rilancio della Nasa nella sua storia. E veniamo all’ultima variabile suppostamente geopolitica. Poiché si tratta di neutralizzare l’idea stessa di territorio, sarà necessario contare su una nazione non territoriale: e si tratta della cristianità. La mossa più acuta è dunque spirituale, ovvero deterritorializzare attraverso il nucleo spirituale. In questo senso potremo osservare l’enormità di un Papa, scopertamente mistico, che afferma una cosa come quella che segue, nel momento in cui darebbe mostra di scusarsi con una signora, offesa perché lo tirava per un braccio: «Gesù non ha tolto il male dal mondo ma lo ha sconfitto alla radice. La sua salvezza non è magica, ma `paziente´, cioè comporta la pazienza dell’amore, che si fa carico dell’iniquità e le toglie il potere». Il potere è dell’iniquità oppure è semplicemente il potere? Neutralizzare l’iniquità è togliere un o il potere. La geopolitica soccombe davanti a questa geopotenza. Il Pontefice aveva affermato, soltanto pochi giorni prima, che non siamo più nella cristianità. Ciò che è mistico non è irrealistico, tantomeno è irreale. Non essere più nella cristianità, cioè nel canone storico di affermazione di un primato culturale (è il Papa stesso che dice che la Chiesa e i cristiani non sono più i primi né gli unici né i più ascoltati nella produzione di cultura) e quindi territoriale, porta la cristianità non ad annullamento, bensì al polo opposto: il tempo è kath’olòn, la civiltà universale è realmente è la Catholica, il primato dell’universalismo è affermato più con profondità che con forza o con azione magica. Se Trump, gli Usa, la Cina, la Russia e la Turchia non calcolano l’enorme potenza che sprigiona dal cattolicesimo fattosi realmente ubiquo, ignorando che esso ha un cuore fisico che pulsa precisamente a Roma e cioè al centro del Mediterraneo, si ritrovano fuori da qualunque partita. La forza che sobilla questa incomprensione, per governarla meglio, ritengo che si limiti non a sopravvivere sotto le gemme della corona inglese.