“Prima non capivo perché la mia domanda non ottenesse risposta, oggi non capisco come potessi credere di poter domandare. Ma io non credevo affatto, domandavo soltanto”. Questo punto di svolta è enunciato da Franz Kafka negli Aforismi di Zürau (in economica Adelphi usciti quasi tre anni orsono) e sta a bilanciare questo estremo pensiero: “Questa sensazione: «Qui non getto l’ancora» e subito sentirsi trascinati dai flutti ondeggianti”.
Non trovo parole più semplici e indagabili, con livelli multipli e tutti sotterranei, per esprimere quanto accade alla scrittura e al rapporto con la scrittura a un certo momento dato: che per me è giunto, e che mi allibisce di ora in ora. Quando enuncio il desiderio di sfondare la barriera archetipa, sono serio, anche se consapevole che non si sentirà. Lo sfondamento è la linea che unisce i due poli enunciati da Kafka, che non sono nichilismo ed euforia, non morte e divenire, bensì un unico continuum interiore da cui si vedono affiorare immagini singole, metope dissepolte, tra le quali scattano gli archi voltaici delle storie. L’occhio è capovolto e vede questo continuum, se non è preoccupato dall’emergere delle metope.
Questo continuum è, al momento, nero.