Roger Caillois: “In effetti, è proprio nel mito che si coglie meglio, dal vivo, la collusione dei postulati più segreti, più virulenti dello psichismo individuale con le pressioni più imperative e più perturbanti dell’esistenza sociale. Tanto basta per accordargli una posizione preminente e per incitare a ordinare in rapporto a lui alcuni di quei problemi essenziali che riguardano al tempo stesso il mondo della conoscenza e quello dell’azione”.
Eppure l’azione mitica, provenendo da ciò che è oltre l’azione i nomi e le forme, secondo le scritture tradizionali va a costituirsi come esorcismo di prassi. Non si caccia il maligno o il principio che si oppone, ma si allontana il mondo e l’altro in una sfera distaccata dal Sé, il quale è pura agnizione vuota che si autoconosce in incanto. La funzione del mito è trascinare all’indentramento e, al tempo stesso, parlare della specie, poiché è la nostra una specie che si indentra attraverso l’incanto.
Se la scrittura affronta un mito, pratica un esorcismo.
Riflettere sull’assenza, nel contemporaneo, di esorcismi nei confronti del lettore e degli altri scrittori.
Nel nuovo libro, nella scena “impossibile” a cui ho lavorato due giorni, la tentazione e, quindi, la pratica di tre esorcismi: nei confronti del lettore, per impedirgli la noia, per vietargliela, in quanto in quel punto annoiarsi significherebbe compiere l’osceno; e nei confronti degli scrittori, affinché frenino fantasia e finzione – cioè l’aristotelica “imaginativa” – a fronte dell’estremo.
Nascondere l’esorcismo è fare letteratura mitica, non subliminale. Poiché la letteratura è penultima rispetto all’indentramento, l’esorcismo è un mezzo mitologico per interrompere l’interruzione dell’indentramento, a cui si è spinti leggendo o scrivendo l’autentica letteratura. L’esorcismo è quindi parte della retorica: è una figura retorica, essendo la retorica una mitigazione della violenza, un contenimento della violenza che, addolcita, si presenta agli astanti in forma di persuasione (ma persuasione a cosa? All’incanto dell’indentramento: all’abbandono alla radiazione mitica). L’esorcismo è una figura di una retorica “forte”, corrispondente alla funzione del simbolo, che è un’entità extraretorica, ma che esercita la medesima violenza, condensando in un punto non dialettico la radiazione mitica.
L’esorcismo ripristina il silenzio interno quando esso viene rotto dai disturbatori, che sono gli ostacolatori dell’incanto, cioè della sostanza mitica che, condensandosi, produce tutta la letteratura, la quale è più delle storie, poiché la poesia istituisce uno spazio esterno alle storie che è purtuttavia uno spazio retorico. In questa logica: ripensare la letteratura come totalità retorica, abbattendo finalmente l’ultima barriera di genere, che è quella tra prosa e poesia che, sul piano della retorica, sono la medesima cosa. In questo io vedo il futuro unico della letteratura: narrazione, gemmazione apparentemente confusa di storie, esorcismi – per permettere alla radiazione mitica di irraggiare dal testo. Rischia di andare fuori gioco la comprensione. Pur d’accordo con questa posizione di Wu Ming 1, la considero circoscritta alla narrativa, che è un genere. Io guardo alla letteratura come totalità. Mi gioco la comprensione dei contemporanei, perché più vasta è la comunità a cui partecipo, e i viventi sono solo un terzo di questa comunità: a cui si aggiungono i morti e i futuri viventi.
Posso sbagliare e questo è il premio della libertà. Qualcuno deve sbagliare in questa direzione, del resto.
Littera facit saltum.
Chi capì Leopardi? Chi Kafka? Chi Celan? Chi Burroughs? Chi li ha davvero capiti a oggi? Aprite un libro di Burroughs e leggete. Come fa? E’ avanti trent’anni: non ho dubbi. Indica la strada. La strada è quella. E’ quella dantesca (per inciso: rifare la critica dantesca, perché Dante oggi non lo comprende davvero nessuno, lo comprendono in pochissimi – lavorare su questo, appena c’è tempo). La Commedia non è epica e fu pop – è pop. Burroughs (e non Pound, che credeva di compiere quest’opera) fa un passo avanti alla Commedia: i tre stati in un unico medesimo – Inferno, Purgatorio e Paradiso insieme e non è detto che li rappresenti qui e ora. Dante non sale l'”erta via”, Burroughs sì: che qualità e vocazioni erano messe a disposizione di quell’uomo?
Una quantità sterminata di esorcismi in Burroughs: verso i lettori, verso gli altri scrittori.
Ciò che viene applicato come radiazione di fondo – motivo fondamentale dell’intenzione di scrivere, a livello personale – deve essere dunque da ora, quoad me, difeso: con esorcismi. Rumorosi, evidenti, essi sciolgono rumore ed evidenza.
La letteratura è libera così di essere la penultimità: poi è la trasmissione, che è ultima, ed è radiazione (dell’intenzione silenziosa.
Infine è il silenzio che sa se stesso.
Tuttavia devo fornire un esempio, altrimenti ciò che qui è meditato risulterebbe astratto in maniera insopportabile.
Ciò a cui penso quando parlo di letteratura in questo senso:
In Bhutan i Cham sono il veicolo culturale principale per le espressioni artistiche di musica, canto e danza, con un utilizzo di costumi e maschere molto elaborati. Questa forma era presente già all’inizio dei tempi storici della cultura tibetana: il primo Cham è attribuito a Guru Rimpoce (Padmasambhava), che prima di recarsi in Tibet secondo la tradizione orale eseguì una danza dove oggi sorge il monastero di Kurjey in Bumthang per domare lo spirito di una divinità locale. Alcune rappresentazioni traggono la loro origine proprio dall’epoca in cui il grande Guru visitò queste regioni, quindi dall’VIII secolo, e ne rievocano le gesta, come ad esempio avviene nello Yakchoe di Ura. La diffusione del Cham corrisponde all’ingresso della cultura buddista in un mondo sciamanico ed esprime molto concretamente la sintesi delle due anime himalaiane: l’unione del misticismo adottato dai saggi buddisti dell’India con le potenti capacità di divinazione e di rapporto con l’occulto dei devoti del Bon, capacità che furono sviluppate in un contesto naturale animato da forze soverchianti.
Molte rappresentazioni si sono arricchite e rese uniche grazie all’inserimento nelle trame di diversi eventi storici e di personaggi non solo religiosi che hanno lasciato delle impronte nella località dove vengono svolte; il contenuto è quindi anche un metro che può aiutare ad individuarne origine ed evoluzione. Le rappresentazioni degli Dzong principali, che sono i centri sia religiosi che amministrativi del paese, sono esecuzioni impeccabili che si concentrano sul messaggio religioso e storico, mentre nei Cham di carattere più locale alcune parti sono eseguite da gente comune, che a volte aumenta l’intensità del proprio coinvolgimento con abbondanti bevute, e l’intero evento è spesso immerso in un contesto di gioiosa e animata festa popolare.