Letteratura e senso

Stamattina alle 7.20, camminando solitario sugli asfalti lucidi di pioggia di via Ripamonti a Milano, pensavo e sentivo le stesse cose che trovo scritte da Aldo Nove su Facebook e che riproduco qui sotto. E’ il motivo per cui mi sono sentito sempre a disagio con la forma romanzo. Un mio amico scrittore, splendida persona e intellettuale profondissimo, Valerio Evangelisti, diceva: non si capisce quello che scrivi se non si tiene conto che vieni dalla poesia e stai ancora nella poesia, e in più ti “centri” in Plotino. Non capivo, poi ho capito: aveva ragione. Non c’è molto da ragionare intorno a questa “sete” di verità, che è desiderio profondo di senso, del testo come veicolatore verso il senso, cioè del testo come fionda verso ciò che viene avvertito come “vuoto”: la verità è infatti un luogo paradossale, non una formula, non il volano di un’ideologia. Per questo la letteratura, come tutte le arti, che sono testuali anche se non utilizzano le parole, consegnano all’artista e al fruitore una “clavis universalis”: che è la metafisica, ovvero lo stupore, la capacità di stare in un incanto nello stato di “non sapere”. Non si tratta di un obbligo esistenziale per chiunque, ma certamente a un punto della propria esistenza uno che scrive o che crea sente proprio questo come obbligo, nel senso che qualunque alternativa a tale sentire è percepita come vana, teatrale, grottesca. Allora si incomincia a stare davvero insieme agli altri, nel luogo unico della verità e del senso – cioè nello stupore luminoso che, espresso con queste parole, è nuovamente un gesto teatrale, perché quelle sillabe sono incapaci di rappresentare uno stato che non si rappresenta, in quanto è la sostanza stessa della rappresentazione. Non è né facile né difficile: è bello e basta. Io lì voglio stare. E’ peraltro il fondamento dell’amicizia, dell’amore e, secondo me, della stessa luce.

576464_410267862335646_1449008445_nAggiornamento di stato di Aldo Nove II: “COME SI DIVENTA. Sono ormai anni che non sopporto più alcuna lettura che non mi trascini nella Verità. Non saprei dire con precisione cosa sia, la Verità e il suo filtrare da un testo, ma la “sento” benissimo, la “annuso” nelle prime pagine. Non ha a che fare con l’intrattenimento (parola odiosa), la bella scrittura, l’affabulazione mirata a colpire il lettore, l’ostentazione narcisistica dell’ego dell’autore. Non me ne frega più nulla dei libri ben fatti, di quelli “divertenti” o ammiccanti. Credo che per me la letteratura sia una questione di vita o di morte. E non voglio sprecare la mia vita.” (http://on.fb.me/1njy5bu)

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