Ai tantissimi e soprattutto alle tantissime che mi chiedono aggiornamenti sullo stato 2.0 dopo l’upgrade effettuato con l’asportazione di cistifellea, munita di moltissimi calcoli biliari e che dava coliche da più di un anno, sintomatologia scambiata per un po’ di gastrite da stress, desidero rassicurare anzitutto e fornire indicazioni su me stesso. Sono a casa, sto bene, vivo alla Monthy Python, mangio come Ghandi, mi muovo come Mario Luzi gli ultimi tempi. Certo, sono stato dimesso dal mitico Policlinico con un poco di fretta, a due ore dall’estrazione del drenaggio di 25cm, esperienza che è stata come partire, che è un po’ morire: quel tubo che ti viene estratto tra gli organi col risucchio dentro, quel dolere della capsula esterna del fegato, quel risucchio lungo – poi dicono che non esiste più lo choc dell’esperienza: esiste eccome. Dovevano disinfestare il reparto, allora sono andato a casa, mutilo della mia colecisti. Buone le gallette di riso soffiato, che al momento sono il cibo più grasso che posso mangiare. Impiego 22 minuti netti per arrivare al Picchio, a 50m dal portone di casa, peraltro assai pesante e duro da aprire, me ne rendo conto soltanto ora. Il mondo senza cistifellea è un regno adatto alla meditazione theravada. Impiegherò giorni e giorni, settimane, a tornare come prima ma c’è una grande notizia: non ho più la pappagorgia. Quindi posso avere tutte le donne che voglio. Sono erotici i quattro cerotti medicati che ottunono i buchi chiusi dai punti sull’addome, le tracce della laparoscopia, dove ti gonfiano con dell’anidride carbonica che ti finisce incredibile nella spalla destra a farti male. Quante cose nuove da sperimentare! Non posso ancora tornare in casa editrice, già viaggiare su un taxi mi farebbe vedere le stelle e il Negroni non posso mangiarlo per molto. Così asciutto e pimpante come Alberto Arbasino quando ha sonno, vi saluto, cari e soprattutto care fans.