Nel lontano 1992 ero disperato, come sempre, per via del lavoro – non sapevo cosa avrei fatto, non sapevo come fare. Allora risposi a un surreale annuncio di lavoro, apparso su “Secondamano”, che i più ricorderanno come epica istituzione del cercatrova in un’epoca pre-idealista.it. L’annuncio in questione consisteva nella ricerca di aspiranti giornalisti per una rete televisiva locale e nazionale. Incredibilmente risposero alla mia missiva cartacea, in cui illustravo un curriculum inesistente, quanto improbabile, contando io ventidue anni di vita. L’appuntamento era fissato nel cuore di Quarto Oggiaro. Mi chiedevo quale emittente locale e nazionale avesse sede o studi nel bel mezzo di uno dei quartieri più periferici e rischiosi di Milano. Andai al colloquio insieme al mio eterno amico Bruno, a bordo della sua auto aziendale, una Uno bianca, che in quel periodo era un modello à la page nel non tanto ristretto àmbito della cronaca nera italica. Ad accoglierci c’erno due giornalisti sportivi. Mi presero e mi misero davanti a una telecamera, dovetti leggere più volte una notizia riguardante un extracomunitario ucciso sulle strisce pedonali da un pirata della strada, risposi a quesiti imbarazzanti sul mio oroscopo e sulla giacca a dire poco lisergica che indossavo. La tv in questione era TvLL, ovvero Tv Libera Lombarda, facente parte del network Odeon tv. In quel momento, la proprietà della rete era incredibilmente del Partito Radicale – in seguito venne a trovarci Marco Pannella, che mi chiese su cosa intendevo laurearmi e rispose, quando gli dissi che stavo lavorando su Edmond Jabès: “Capperi! Cazzo!”. Al colloquio Bruno rimase sempre dietro gli operatori, sorridendo per rincuorarmi: era un incipit grottesco della mia vita professionale, nel momento in cui sembrava che io dovessi addirittura sposarmi, un intendimento che mi faceva meritare i calci nel culo da parte del mio eterno amico. Il tempo dilavò tutto: tutto. Purtroppo non dilavò il nome e il sembiante e il raffinato portamento di uno dei due giornalisti sportivi, che mi assunsero in nero: era Tiziano Crudeli. Che ieri, in occasione della sciagurata sconfitta interna del Milan con il Benevento, segna un momento assoluto dell’immaginario collettivo, il quale però nel frattempo è andato a farsi benedire, non c’è più immaginario collettivo. Che amiate il calcio o meno, vale la pena di spiare l’esacerbato omaggio all’umanismo che Crudeli offre a tutti gli spettatori. Il mio inizio persiste nei tempi finali, così come accade a chiunque.