Il Cosone di Calenda

Vorrei scrivere qualcosa sul Cosone. Secondo me il “fronte” europeista (come se l’europeismo non fosse invece proporre un’idea radicalmente diversa di unità continentale), che ha come premessa il manifesto “Siamo Europei”, stilato da Carlo Calenda, va chiamato: il Cosone. Calenda in primis lo sta prestidigitando su qualunque media, ovunque, sempre, a ogni ora del giorno e della notte, con ospitate che non vengono offerte ad altri propositori di ragionamento e azione politici. Il Cosone, questo corpaccione, per il momento adunante nomi su nomi, per un totale di adesioni che è prossima ai like della pagina Facebook di Poltrone&Sofà, il Cosone si costruisce nel nulla, cioè su un programma sovrapponibile a quello del Partito Democratico degli ultimi e rovinosi anni, oltre che al 75% di quello di Forza Italia degli ultimi rovinosi decenni (al punto tale che il Calenda e il Franceschini si sono sentiti in dovere di specificare che il Cosone è una proposta che non è rivolta al partito berlusconiano, il quale vi si riconoscerebbe del tutto naturalmente). Vorrei specificare che chi qui scrive non è assimilabile a nessuna area antagonista o di sinistra estrema, spendendo egli semplicemente il proprio sguardo sull’orizzonte politico attuale e recente. Che il centrosinistra, una volta mainstream e ormai maggioritario soltanto nella sparuta minoranza, aderisca con entusiasmo a qualcosa che già è, davvero, fa impressione. Fa impressione la corsa dei big dem e paradem a sottoscrivere un manifesto dolcemente liberista, fotocopiato dalla tabella di marcia per un capitalismo empatico e resiliente, che la sinistra postcomunista si è accollata come carta d’identità e principio di azione, non disponendo più di un Enrico Berlinguer in casa e di un Aldo Moro come dirimpettaio. Tutte le contraddizioni più grottesche e fetide di questo ultimo quarto di secolo a sinistra hanno nel manifesto di Calenda il loro emblematico e corretto rappresentante – rappresentante anche nel segno del grottesco, poiché siamo a una carta dei diritti e dei doveri più irrilevante e piccina che mai, elaborata non certo da Togliatti e Nenni, ma nemmeno da Mario Monti, il quale peraltro costituisce l’incipit del Calenda medesimo. Siamo alle latitudini del “conservatorismo compassionevole” che fu teorizzato da George Bush Jr, il quale prometteva una presidenza conservatrice, ma pronta a propugnare la riforma previdenziale (ovvero il cosiddetto ”social security’: da noi si parlerebbe di pensione minima), la rifondazione del sistema scolastico, l’investimento sul fronte della sicurezza (si legga: incrementi alle forze armate), l’allargamento alle fasce deboli dei benefici di un’economia auspicabilmente in espansione. Quel conservatorismo compassionevole, appunto tutto empatia e resilienza, culminò con l’11 settembre. Il che non accadrà né a Calenda né ai suoi firmatari. Perché il Cosone è operazione meramente di refresh comunicativo, che permette un minimo di agibilità alle dirigenze dell’attuale Pd, percepite ormai come sfigatissime non soltanto dalla generalità degli avversari politici, che non le badano più, ma perfino dagli stessi militanti iscritti, che nei cosiddetti circoli hanno votato per le primarie con la strabiliante percentuale del 25%. Gentiloni, Zingaretti, Martina et similes, tra i quali similes spicca soprattutto il qualificante nome di Minniti, si sono precipitati ad aderire, nell’assordante pigolìo dell’adunanza, inversamente proporzionale soltanto all’intensità del dibattito sui contenuti. Il Cosone non si accolla nessuna discussione autentica sugli errori della politica liberista, e non tanto vagamente tecnocratica, che nell’ultimo decennio la “sinistra” di governo ha portato avanti con forti ammanchi di senso e altrettanto potenti tradimenti del popolo sfruttato, compresso e avvilito e depauperato fino al denudamento dalla barbarie di istanze mercantiliste, che nella sinistra non avrebbero diritto di asilo. Il Cosone di Calenda dà per scontato l’ok alle politiche inguardabili, vergognose, profondamente disumane, che l’ex ministro dell’interno Marco Minniti ha messo in atto quando il Cosone, con un brand differente, governava questo Paese, stremandolo e non capendolo. Non è sufficiente la firma di Giuliano Pisapia (esponente che in àmbito locale aveva costruito una vera cosa che non era un Cosone) per dare un senso a questa operazione, la cui vita prevedibilmente e auspicabilmente è in realtà un’emivita, da qui alla scadenza elettorale delle Europee, dopodiché tutti al centro, a cercare di rimodularsi nemmeno come Terza Via, bensì Terzo Vicolo – vicolo cieco, ovviamente. Poiché al centro sorgerà ben altro, prevedibilmente e auspicabilmente: ovvero un soggetto di ispirazione cattolica, più movimentista che partitico, tra un Prodi e un Letta, che pure faranno da calamita per molte di queste classi dirigenti derubricabili a legioni imbelli di una battaglia passata e mai combattuta. Il Cosone, che poi tornerà a essere il Pd con una specie di Bonino accanto, sarà eroso al centro dai cattolici e perderà percentuali a favore di ciò che di nuovo e vero verrà costituendosi a sinistra, il che non sarà la solita e fallimentare federazione di sinistra. Credo che qualcuno, dopo le europee, avrà per forza la cura e il coraggio di mettere in campo una piattaforma progressista e ambientalista e femminista e libertaria, che non si era vista in precedenza nel mai stucchevole panorama politico italiano degli ultimi tre decenni. Così come ciò che, se capisco bene dai sintomi, andranno a fare Romano Prodi ed Enrico Letta non sarà la nuova Dc, quanto agiranno le forze fresche ed emergenti del progressismo europeo e italiano non sarà il nuovo Pci o il nuovo Psi o i nuovi Verdi. Però ciò corrisponde davvero a una mia percezione, del tutto sganciata dal discorso sul Cosone di Calenda. L’assenza di dibattito su valori e istanze, l’inesistenza assoluta in fatto di proposta nei contenuti e nella dialettica, perfino le previsioni statistiche (il Cosone tra il 20% e il 23%) – tutto dice che questa operazione non è politica, bensì è figlia dell’incultura e della superficialità del 4.0 che stiamo vivendo, costituendo una radicale semplificazione dei moventi e delle piattaforme ideali, che è speculare a quella propalata da Salvini e dai 5Stelle. Giuliano Pisapia, in questo modo, è la foglia di fico dietro cui si nascondono l’estensore calendulo e tutti i grand commis di quell’operazione postmoderna e antipopolare che si è variamente chiamata con marchi liquidi e gassosi in questi sconfortanti anni. Non c’è un’opposizione interna e non c’è dunque nessuna dialettica interna. Fossi in Calenda, mi sbrigherei a chiedere di entrare a nomi nuovi e radicalmente antagonisti al progetto del Cosone. L’unico risultato di qualche conto, che Calenda ottiene con l’eiezione del Cosone, è la momentanea fine politica di Matteo Renzi, a cui ruba scena e spazio politico, riducendolo a uno dei possibili graduati di una formazione militare degna di “Sturmtruppen”. Si tollererà il Cosone da qui a maggio, poi si accederà a un big bang (anzi: ad almeno due big bang, ma forse anche più che due) e si vedrà che i popcorn erano non soltanto il simbolo di una saccenza intollerabile, emessa nell’anno della più cocente sconfitta personale e partitica a cui abbiamo assistito dopo Tangentopoli: i popcorn erano e saranno il trash food, buttati nel cestino dalle persone che rivoluzioneranno il capo politico italiano al centro e alla sinistra, a partire da giugno e verso l’orizzonte delle elezioni Politiche.

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