Testo politico e testo letterario oggi

Il testo politico è attualmente più interessante del testo letterario. Per testo letterario si inenda non il capolavoro o l’opera d’arte, bensì la media che viene emessa dal librificio. La prevalenza del testo politico su quello letterario vanta molteplici ragioni e modi di essere. Anzitutto il testo politico, a differenza di quello letterario, ha a che fare con un’idea del potere grossolana, ma precisa e direttamente attiva. Il testo letterario non intende intrattenere alcun rapporto col potere, anche quando esso appare civile e di fatto politico. Il problema del testo letterario odierno è che invece intende sempre avere relazioni con il potere, in ogni caso, per la stolidità degli attori che combuttano a produrlo e a non recepirlo – in questo caso si spende tutto il ridicolo e il patetico dell’abborracciato tentativo di assalire la vita storica di una comunità, che è del tutto disinteressata ai contributi, alle ubbie e alle carnagioni di una volontà di potere del tutto innaturale e inculturale nell’officina permanente in cui un autentico testo letterario si fa e cresce. D’altro canto la comunità di riferimento del testo letterario non attribuisce nessun valore di verità, in termini di attesa o compimento, a un testo prodotto dall’incapacità di interrogare, a partire proprio dall’interrogazione dell’idea di verità. Il testo letterario avrebbe un rilievo spirituale, se soltanto gli attori avessero almeno il coraggio di cantare, cioè anche di denunciare, la desertificazione spirituale del testo letterario stesso. Un’ulteriore prevalenza del risguardo che assume il testo politico oggidì è la pratica del crollo delle tassonomie, attraverso l’elezione del sistema di condizionamento di massa, che le tecnologie attuali permettono, propugnano e completano. Quest’ultima possibilità era letteraria, al punta che la retorica, strumentazione linguistica e in prima battuta letteraria, veniva fatta propria dalla politica, mentre oggi non esiste retorica letteraria e quella politica è del tutto rivoluzionata, mantenendo però intatta la sua potenza di conversione del dato materiale ed esistenziale in operazione psichica, sia per ciò che concerne la manipolazione degli intelletti e degli affetti sia alla luce dell’isolamento relativo dell’utente digitale, ormai rimediabilmente afflitto da disturbo narcisistico di massimo grado, ovvero il meno percepibile e riconoscibile. Accade dunque che il testo politico stia sperimentando il passo ulteriore, e forse estremo, della contemporaneità, la quale è sempre la fine momentanea del tempo esperito. Il testo letterario non sperimenta né ciò né altro. L’irrilevanza della lettera, ridotta a somma di numeri e ritenuta un pacchetto di informazione codificabile a cifre, è ormai abissalmente spalancata. L’unica opera che ci si attende, in questo tempo definitivo di ogni testo, è lo scavo nel vero, che è il proprio sé, il quale nessuno sa e può sapere cosa sia. Al termine di questo viaggio notturno, si apre l’unica possibilità di desunzione di sé e del mondo in forma non più retorica, ma addirittura sintattica: ed è il punto di domanda.

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