La vita di Hitler, “l’uomo che non è”
di GIUSEPPE LEONELLI
Non si può dire che la figura di Hitler abbia ispirato molti narratori. Fra essi, fa parte l’ultimo romanzo di Mailer, The Castle in the Forest, dedicato all’infanzia e all’adolescenza del dittatore, un breve e bellissimo racconto di Buzzati, Povero bambino. Nel grosso volume fresco di stampa Hitler, Giuseppe Genna, affrontando il personaggio, rispolvera l’idea manzoniana secondo la quale il romanzo risuscita e illumina i fatti storici non tanto per cercare una spiegazione al loro farsi, ma per coglierne l’inquietante essenza umana. Gli avvenimenti, privati e pubblici, della vita di Hitler, definito l’uomo che non è, tornano a stagliarsi davanti a noi. Riemergono da un buio gorgo biografico gli anni della miserabile giovinezza, la povertà, le frustrazioni di artista fallito, la solitudine quasi assoluta, cui seguono l’incredibile ascesa politica, la soggezione stolida prima della nazione tedesca e poi di tutta l’Europa.
Risorge nella sua evidenza drammatica la tragedia di un male che non ha radici metafisiche, ma, come pensava Hanna Arendt, sembra svilupparsi dal grigiore e dalla banalità di esistenze qualunque, quelle del futuro Führer e della trista corte di persone che lo circondarono e collaborarono al folle progetto del Reich millenario: Göring, il grassone morfinomane; Goebbels e Himmler, ometti da nulla; Hess, poco più che un idiota. Tutti eroi da parodia wagneriana, che incarnarono un complesso raffazzonato di cascami sottoculturali, facendone armi spaventose. Dov’eri, uomo?, si sarebbe chiesto, di fronte a tanti orrori, Heinrich Böll nei suoi romanzi.
Il romanzo di Genna orchestra, con altalenante efficacia stilististica, una materia lutulenta e forse sovrabbondante. Averlo scritto, ci diciamo, pensosi e un po’ spossati sull’ultima pagina, è un’impresa che merita comunque rispetto.