Sono stato contattato da un membro degli Stormy Six, il mitico complesso autore dell’altrettanto mitica canzone Stalingrado. Poiché, nei ringraziamenti finali, non appare il dovuto omaggio alla storica band, cerco di riparare qui in Rete, promettendo che, alla prossima tiratura del
romanzo Hitler (probabilmente in occasione dell’edizione economica) verrà aggiunto il doveroso ringraziamento. Parti del testo della canzone Stalingrado appaiono infatti nel secondo dei due capitoli dedicati alla battaglia più disumana della storia. Si tratta evidentemente di un omaggio a un pezzo musicale che fa ormai parte dell’immaginario collettivo di più generazioni. E’ un omaggio a doppiofondo: da un lato verso gli Stormy Six, dall’altro verso mio padre che mi faceva ascoltare quella canzone quand’ero bambino.
Mi scuso perciò con la band se posso avere dato l’impressione di “plagiare” il loro testo – intendevo fare tutt’altro, secondo una delle poetiche del romanzo Hitler, che è un certo citazionismo (a seguire, dopo le righe tratte da Stalingrado, una torsione della Waterloo di Hugo, per esempio).
Qui di seguito, il brano con gli inserti dai versi della canzone, il cui testo integrale e il file audio è disponibile sul blog di Mario Benedetti.
“La resistenza sovietica, nei quartieri non ancora occupati, è insuperabile. Si servono di ogni mezzo. Il ministro Molotov ha prestato il proprio nome alla tecnica delle bottiglie di vetro colme di benzina. Nel gelo, a contatto con il metallo dei panzer, incendiano i carri.
Fuoriescono partigiani, uomini e bambini, come topi, ovunque. Lanciano molotov ovunque. Sparano da dietro gli angoli. Mirano infilando fucili in minime aperture tra le rovine di casamenti diroccati che furono enormi. Da dietro i tram. Attenzione a quella finestra rotta al sesto piano. Sparano. È uno stillicidio.
Questa città non cede. Alla fine dell’assedio tedesco, della presa della città, dei combattimenti al suo interno, dell’assedio sovietico: si conteranno più di un milione di morti.
È la più grande battaglia della storia umana.
Fame e macerie sotto i mortai. Come l’acciaio resiste questa città. Strade di Stalingrado: di sangue lastricate. Ride una donna di granito sulle innumeri barricate, sulla sua strada gelata la croce uncinata è in fiamme.
Si rischia, d’ora in poi, di trovare Stalingrado in ogni città.
L’orchestra fa ballare gli ufficiali nei caffè, nei quartieri occupati, fa dimenticare l’inverno che mette il gelo nelle ossa.
Dentro le prigioni l’aria brucia come se cantasse il coro dell’Armata Rossa.
Radio al buio.
Operai trasformati in cecchini micidiali, sparano, alzano bicchieri che brindano a Lenin.
Vola un berretto, un uomo ride e prepara il suo fucile. Sulla sua strada gelata la croce uncinata è forata, stracciata.
Von Paulus scuote il capo. Cerca il calore nel palazzo a sud, che hanno trasformato in quartiere generale.
La notte ricominciano a volare, silenziosi, nell’aria gelida buia, i traccianti al fosforo: fanno luce. Sarà lunga.”