«Uno scrittore avanti con gli anni sedeva una sera in società. Intorno a lui c’erano persone di vario genere che parlavano animatamente. Lui non sentiva e non vedeva nulla, era come assente. Gli si avvicinò una ragazza. Lui non la guardò, ma lei non si fece intimorire. Se avesse voluto ricevere gentilezze, le avrebbe cercate altrove. Fu toccata dal fatto che lui se ne stesse seduto lì, quasi irraggiungibile, senza dire una parola. Si sentì quasi tanto più spinta a parlare, e disse: “Io ti conosco, e a vederti seduto così, senza il benché minimo entusiasmo, mi verrebbe da considerarti una persona indurita e indifferente. Felicità e infelicità ti interessano ormai ben poco. Cosa volevo dirti? Ah sì, pensa un po’: io ho letto tutti i tuoi libri, che sono così magnifici, così quieti, così autentici e sinceri e piacevoli, che risuonano come bei canti, e nel cui linguaggio scorre come una corrente che incarna la forza e la leggiadria. Mi osservi in maniera perfino un po’ troppo sorpresa. Ti sorprende la mia serietà? Sono capace anche di ridere e raccontar stupidaggini, se la situazione lo richiede e se ne ho voglia.
Se ci fosse un altro seduto al tuo posto, non vi vedrei nulla di particolare, vedrei in te un barbuto brontolone e non ti prenderei affatto in considerazione, perché di giovani divertenti ce n’è a sufficienza. Ma nessuno di loro ha scritto racconti così belli. È questo che mi commuove e quasi mi colpisce come un fulmine. È il pensiero che tu non sei giovane, e che certo tra breve dovrai morire, e tuttavia hai creato qualcosa di sempreverde che esisterà anche quando tu non ci sarai più, che non invecchia, anche se tu sei vecchio, che rimane giovane anche se tu non sei più giovane.
Vedi, io appartengo alla vita e amo la spensieratezza del presente. Ma non sono anche i tuoi libri un presente? Le persone e i paesaggi, i dialoghi e gli avvenimenti, i sentimenti e la quiete della natura, le azioni vivaci e vigorose: tutto ciò che hai descritto è strettamente compatto, non può separarsi, costituisce un mondo a sé, con una propria vita. Si profila impercettibilmente e poi si sviluppa, ha forma e colore, occhi e labbra, ed è vasto e quieto e grande. Quando ho cominciato a leggere non sono più riuscita a smettere, ho continuato a leggere fino a quando non ho vissuto io stessa tutte le significative vicende che racconti. Come mi ha rinvigorito la conoscenza dei personaggi creati dalla tua fantasia. La vita è diversa da come tu la racconti, ed è giusto che sia così. Talvolta mi sembravi quasi fin troppo gradevole, e mi veniva quasi da essere impaziente. Ma se mi sforzavo di seguirti e di accettare il tuo modo di essere quieto con i quieti e prudente con i prudenti, allora mi piacevi davvero, e io stessa mi piacevo più che mai. Forse queste mie parole ti annoiano. Ma io mi sono augurata che tu potessi continuare a vivere e sentire, e che venissi immediatamente baciato dalla fama”.
Lo scrittore non rispose nulla. Teneva lo sguardo fisso a terra e nel mondo della propria vecchiaia, mentre la ragazza guardava per così dire al di là di lui nella rosea vivacità della giovinezza. Lei pensò: “Che tristezza. Questo celebre scrittore ha un aspetto che non entusiasma, così che si guarda solo alla sua opera, alla quale lui ha sacrificato la propria vita”.
Si allontanò in fretta. Nei suoi begli occhi chiari c’erano quasi delle lacrime.
Non ci volle molto perché venisse presa nel divertimento e abbandonasse la tristezza».
[1919]
Robert Walser – da Aus dem Bliestiftgebiet – Traduzione di Mattia Mantovani
[dallo speciale “Per Walser” su Zibaldoni]