C’è da ringraziare qualche centinaio di persone, che ieri hanno ripreso un intervento circa lo stato di cose capace di generare la situazione che si vive e si muore in Paris, per cui attualmente stanno pregando in molti, ma non è vero che pregano, lo dicono così, alla cazzo, con l’immaginetta, social o meno, con i colorini della bandiera francese, qualcosa che oramai si vede soltanto alle partite di calcio o fuori dai posti di polizia, il che nel caso dello Stade de France coincide, come del resto ovunque in Europa. Tuttavia la condivisione di quell’intervento buttato giù in due minuti e da più parti ripreso, davvero lo scrivo senza desiderio di offesa per alcuno, mi ha abbattuto: è un’analisi minima, semplicistica, è unicamente un microinvito, non c’è alcun elemento che inviti all’indagine e, di fatto, non c’è stata dialettica intorno a quanto lì si asseriva. E’ imbarazzante, ma anche tragico. Poiché a questo siamo ridotti: all’intervento di superficie, che pare profondo, in un tempo che è criminogeno, che è suppurante di impliciti spirituali della consistenza del pus batterico. Nessuna domanda circa la lotta all’Isis o su cosa sostituisce la geopolitica ad altezza 2015, tantomeno interlocuzioni circa il futuro o la consistenza della controcultura (che *è* la cultura) a cui ricorrere per comprendere organicamente la situazione storica in cui viviamo. C’è poco da sorprendersi, Genna: il ruolo dell’intellettuale questo è oggidì. Possiamo per esempio affrontare l’orripilante slogan “Pray for Paris”, mettendolo in correlazione a un antico adagio, che il bimbominkismo imperante (ha fortemente attecchito tra i 40/60enni) oblia o ignora proprio: si sa, Parigi val bene una messa. Nella civiltà del testo avrei specificato: Enrico IV si introna fingendosi cattolico, per tenere in mano la situazione in cui si coagula il sangue versato in trent’anni di guerra civile tra personaggini che si ritenevano vicari del dio delle guerre in terra di Francia. Un Borbone val bene una messa in culo, dopotutto, sempre. Di messe in culo il potere non ne risparmia, essendo una forza stabilmente attiva nel regno umano sul pianeta terra, questa escrescenza storica che è un borbonismo evolutivo racchiuso in pochi vergognosi millenni. Se, tuttavia, la storia della specie giunge effettivamente a un orizzonte degli eventi come l’attuale, capace di fare intuire l’avverarsi di una singolarità storica, anche la storia del potere è pronta a disvelare una sua capacità mutagena e a trasformare se stessa. Il problema sarà piuttosto se si avvertirà il lutto per l’abbandono di una forma storica per l’appunto millenaria. Sapete?, un robot non è islamico e non ha in testa di chiavare molto le più belle fighe che c’è o di guadagnare palate di dindini sonanti. Questo problema, ovvero l’imminenza di un possibile salto di specie, non soltanto culturale ma proprio biologico, è davvero coperta dall’imbecillità generale in cui è precipitato il comparto sociale dell’occidente che, del val bene una messa, ha fatto la propria poetica costante, finché si è scordato che esiste la poetica e anche la messa. Capirete che sto usando paroloni e salti di senso, pur con una ferrea coerenza argomentativa, che chiunque conosca la testualità può ricostruire in un attimo: e faccio ciò per ottenere meno like e condivisioni, per ridurre a un peso plumbeo il tutto e fare percepire l’attrito dell’aria e del mondo, in questo medium esaurito che un tempo fu noto come: lingua. Sempre stando alla civiltà del testo, sarebbe apparso come fascista uno slogan che impone la preghiera per una città fatta di citoyen. Sarebbe immediata la percezione che proprio *noi* siamo attori di una guerra di religione: non c’è che questo, lì, nelle tre paroline con il cancelletto: c’è tutta la religione. Il vomitus matutinus che impulsa la lettura del quotidiano è naturale reazione antagonista a quest’opera di elevazione della Cazzata Occidentale a statuto religioso: le *nostre* libertà sono attaccate, i *nostri* valori, i *nostri* costumi, i *nostri* luoghi. Lo scrittore Paolo Giordano arriva addirittura ad affermare sul Corriere del Tramonto che hanno attaccato i *nostri* templi: i bistrot dove prendiamo l’aperitivo sentendoci in compagnia di Julia Roberts. A questi sintomi del tremendo che imponiamo al mondo con la nostra feroce esportazione, quella davvero *nostra*, dovremo opporre una conoscenza analitica della situazione mondiale e del transito storico; e, nel caso non abbiamo voglia, dovremo fidarci di chi compie quest’opera per noi e dovremo farci dettare la linea. Hai voglia a mettermi sei o sette like se tratto dell’allucinante politica turca contro i curdi, che permette a Isis di spadroneggiare e fare un po’ quello che vuole con il suo medioevismo contemporaneo. Hai voglia a darmi del matto per anni, in quanto mi studio l’intelligence e cerco di offrirti una propedeutica sull’argomento in appassionanti e vendutissimi thriller d’antan. Hai voglia, in questi giorni, a rispolverare l’epiteto se ti narro di una futurologia che nemmeno è new age, ti fa proprio paura e ti costringe a inarcare il sorrisetto di scetticismo che tutto allontana e da tutto protegge. Io sto dicendo che devi sapere che la copertura del fenomeno politico (atmosferizzazione della guerra, dissoluzione del tessuto sociale interno all’occidente, dissociazione del potere dall’umano biologico) è congeniale a un passaggio storico che sta avvenendo a una velocità mai vista nell’intera vicenda umana: l’uscita dall’umano per come materialmente si è conosciuto nei millenni. Quindi, riassumendo: studia pure la vicenda orrenda dello scontro militare in atto, che è ubiquo e ad apici locali e tecnologici e antropologici: se non ti frega nulla di questo, non sei mio fratello, non sei mia sorella. Però ti dico: non fermarti lì. Ascolta un cretino, ascolta un matto, ascolta un milanese imbruttito, separandoti dal divertimento privo di risata che l’ultimo meme ti concede in queste poche settimane di vita digitale che hai esperito: il punto cruciale è un altro, il punto politico è un altro, sta al termine di un tratto evolutivo della specie, adesso sta per accadere che il tuo sistema nervoso sarà nanointegrato e non te ne accorgi e, se te ne accorgi, pensi che il discorso sia di ordine tecnologico e non abissalmente politico. Non si tratta di compiere profezie, ma di aggregare popolazione intorno a una consapevolezza in cui sfumano le distinzioni tra storico e assoluto. E pensa che nemmeno è lo stato finale della questione: che sarebbe invece entrare nella pratica metafisica. Su quest’ultimo aspetto, non ti rompo i coglioni o le ovaie. Sul resto, non smetterò di martellare finché respiro, mi spiace.
Che peccato di colpo avere perso tutta l’audience e i like!
Buonanotte, bambini: Parigi prega per voi.