«UNA POESIA NARRATIVA NOIR DI BÉLA TARR»
Alto di notte lo sguardo sale con una prosa lenticolare a pena
in una nebula di Londra la nave il fiume Tamĕsis
che sta a diporto e sulla prua misteriosamente
punta un crimine di coppia l’uomo magro e l’altro,
più paterno. Tra i cordami e i fusti
raccontano di avere le madri no
e di andare alla ventura e la lanterna brilla
tintinnando al vento e vende il talento
tradendo – vento, secche le foglie e sempre
i “patuit dea” – i palpiti
e rivendicando l’opera e la lena
il verde appariva più che cosa umana
perché la notte cancella e verde e diafano
e fa di tutte le cose favola e spavento, o figlia.
Estremi albori. Scoppi di luce vermiglia.
La coppia consuma crimini e scendono
separandosi. Cala.
I volti alti vanno dalla tenebra ai candelabri.
Riconosco mia figlia. Rinascono miglia
di là da Calais a uccidere. Cancellano le tracce.
La figlia idiota tratta le cose segrete
da furti e ride e addenta.
Umido splendore. Prova di uscire il sole.
Sembra la terra ora più nera e nuova.
Si consegna crimine a consegnare se stesso a un’autorità
di un anziano celibe e senza figli che non ha scoperto niente
se non se stesso, crimine e autorità
è andare di notte nel selciato e l’acqua scorre sopra la metropolitana
con delle grandi musiche dell’est
con delle grandi mitiche dell’est eravamo stati guardando questo
sopra le prode.
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