Un poliziesco: Béla Tarr e “L’uomo di Londra”

Mi domandavo: e se scrivessi un piccolo poliziesco? Di fatto, ciò coinciderebbe con metà delle mie radici di prosatore, quelle più narrative e coinvolte in un corpo a corpo con il genere nero. E’ possibile che, dopo la pubblicazione del nuovo libro mondadoriano, a settembre 2017, io riprenda la scrittura di un poliziesco, o noir che dir si voglia. Si tratterebbe di trapassare del tutto il genere, senza tuttavia modificare gli stilemi del genere stesso. E’ qualcosa di diverso dall’allargamento dei generi, che fu un tratto delle poetiche a fine anni Novanta. Si deve autogenerare un nucleo interno all’opera, che trascende l’opera stessa. C’è un esempio che fa al caso, in àmbito cinematografico. Anche il grande regista Béla Tarr ha fatto un poliziesco, ricavandolo da un testo di Georges Simenon: “L’uomo di Londra”. La sceneggiatura è di Béla Tarr stesso, insieme allo scrittore László Krasznahorkai. E’ davvero il culmine di qualunque poliziesco. Il poliziesco non c’entra più nulla. Non è un lavoro sul genere noir: è proprio un’opera altissima e indipendente, a cui ci si accosta come se si assistesse a una tragedia greca. E’ uno dei capolavori estetici degli ultimi vent’anni.
Se facessi un piccolo poliziesco, vorrei tanto raggiungere l’apice a cui Tarr arriva con questa scena: di colpo compare un ispettore, anzianissimo, che convoca il colpevole e svela improvvisamente il crimine, con tutti i suoi corollari. E’ arte pura. Se avete qualche minuto, vi consiglio di vedere questa scena, ai limiti dell’impossibile e totalmente inaudita. E’ arte. E’ l’arte.

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