Il romanzo definitivo sugli anni ’80 italiani. “Riportando tutto a casa” (Einaudi) di Nicola Lagioia racconta un periodo storico contraddittorio, pieno di luci e ombre, tra droga, eccessi, corruzione, famiglie “sballate” dalla ricchezza improvvisa e figli abbandonati… La recensione di Affaritaliani.it e la video-intervista all’autore.
di ANTONIO PRUDENZANO
• LA VIDEOINTERVISTA A NICOLA LAGIOIA
Un trauma che non ti abbandona più, che ha un effetto immediato, addirittura sconvolgente, e un altro a lungo termine, non meno drammatico. Gli anni Ottanta sono stati anche questo, e Riportando tutto a casa (Einaudi) di Nicola Lagioia, lo dimostra lungo quasi trecento pagine catartiche, in cui altissimo e melma convivono naturalmente e anzi trovano proprio nel loro continuo ibridarsi legittimazione letteraria, come raramente capita nei romanzi italiani.
Un libro che, nonostante una collocazione spazio/temporale ben definita, la Bari luccicante e allo stesso tempo piena di fantasmi di un decennio saturo di eccessi opposti, regge il confronto con la letteratura internazionale contemporanea più significativa: un’altra rarità per la nostrana “giovane” narrativa.
L’autore (barese, classe ’73) di Tre sistemi per sbarazzarsi di Tolstoj (minimum fax, 2001) e Occidente per principianti (Einaudi, 2004), direttore della collana di letteratura italiana di minimum fax (“Nichel”), compie un viaggio nei luoghi e nell’umanità della sua infanzia e adolescenza. Altro che anni Sessanta, il vero boom “sballante”, a Bari ma non solo, è arrivato vent’anni dopo, con la forza dirompente di uno tsunami.
L’improvviso benessere in quegli anni ha dato alla testa di decine di famiglie. E se per quelle storicamente abituate al benessere e al lusso, l’effetto è stato quello di percepire come normale il corrompersi avvicinandosi alla criminalità più torbida per ingrassare i già esondanti conti in banca, sono state quelle povere, improvvisamente ritrovatesi (stra)ricche, a non reggere mentalmente la nuova condizione. Con effetti in alcuni casi letali.
Crescere diventa tutt’altro che facile per i figli abbandonati di queste famiglie troppo impegnate a essere accettate nei salotti borghesi e nelle gite notturne in yacht in cui politici, imprenditori, avvocati, medici e appunto “nuovi ricchi” si mettono orgiasticamente a nudo (se di giorno fanno di tutto per celare i proprio brogli, di notte, al largo, lontano dalle luci della città, tra i propri simili corrotti, trovano liberatorio mostrare “le ginocchia bianche e le mammelle flosce e i testicoli completamente glabri”).
E così, per il bel tenebroso Vincenzo in perenne guerra col padre, per l’impacciato e drammaticamente eccessivo Giuseppe (per lui, il più genuino di tutti, il destino ha previsto la fine peggiore), per l’arrabbiata voce narrante protagonista e per la sua ragazza, Rachele, incontrare la droga nei quartieri di periferia di Bari (l’ex “supermarket” Japigia in particolare) diventa addirittura inevitabile. Ma prima e oltre l’eroina c’è molto altro. Un altro capace se possibile di fare ancora più male degli stupefacenti, ma con cui, in un contesto del genere, diventa allo stesso tempo necessario confrontarsi, perché in un modo o nell’altro per sopravvivere si deve di diventare grandi prima possibile.
Romanzo di (sanguinante) formazione, spietato “trattato” sociologico, prova della definitiva maturità per Lagioia, Riportando tutto a casa spiega gli ineffabili Anni Zero appena trascorsi meglio di decine di altri saggi “autorevoli” pubblicati in Italia nell’ultima decade. Perché senza “quegli” anni Ottanta, l’inizio del terzo millennio non sarebbe stato lo stesso.